Dal lontano 1984 fino all’attuale anno 2015, Terminator e la saga a cui ha dato vita hanno rappresentato uno dei capisaldi nonché l’icona di un certo tipo di cinema, quando si parla di fantascienza, cyborg assassini e viaggi del tempo: è una saga in cui Arnold Schwarzenegger, all’epoca ancora non troppo conosciuto, voleva interpretare il ruolo del cattivo (“Terminator”); è il film in cui ci si riesce ad affezionare ad una macchina assassina (“Il Giorno del Giudizio”) e a piangere per il suo sacrificio; è il film in cui odi tanto l’eroe da iniziare quasi a tifare per le macchine assassine (“Le Macchine Ribelli”) e a piangere quando NON muore; è la saga in cui solo al quarto capitolo ti hanno finalmente dato un John Connor degno di questo nome – interpretato da Christian Bale – e a mostrarti il futuro-che-c’è-ma-non-dovrebbe-esserci (“Salvation”).
Ma, a ben vedere, Terminator è anche il simbolo di un franchise che non riesce a rispettare appieno sé stesso, e di svariati mal di testa quando ci si sofferma a considerare il cosiddetto “effetto farfalla” e i paradossi temporali: “se questo non fosse successo allora tutto il resto non sarebbe accaduto” esordisce, di solito, lo spettatore medio; “sì, ma se non fosse successo nulla, allora comunque sarebbe successo questo” ribatte l’appassionato (o il nerd al secondo giro di birre) medio.
Ecco, quindi, che, tra un paradosso temporale e l’altro, si giunge al quinto capitolo della saga, Terminator Genisys (originariamente il titolo era Genesis ma probabilmente, non essendo più fans del gruppo di Phil Collins, si è optato per un nome diverso, più radical chic, che comunque i produttori assicurano essere attinente con ciò che si vedrà nel film o “rilevante ai fini della trama“. Addirittura!).
Volendo, però, instradare il discorso, urge fare il punto della situazione per cercare di introdurre adeguatamente le tematiche di questo nuovo evento cinematografico, reo, pare, di aver incasinato nuovamente la cronologia e la “coerenza” temporale; solo che, stavolta, la scusa ci sarebbe pure, ma ne parleremo a breve.
ROAD TO TERMINATOR GENISYS
Terminator: costato un’insalata, per modo di dire, e cioè 6,5 milioni di euro, di cui una parte destinata ad Arnold Schwarzenegger e il resto per allestire un action movie credibile, tra armi realistiche ed effetti speciali relativamente alle scene in cui si mostra la Guerra contro le Macchine nel futuro, il film ne ha incassati uno sproposito (78 milioni). In esso, Kyle Reese torna indietro nel tempo per proteggere Sarah Connor ed evitare che un T-800 (lui parlerà di un T-101) la uccida, impedendo la nascita di John Connor, colui che guiderà la Resistenza e gli uomini alla vittoria contro le Macchine. Quello che si ignora, tuttavia, è che Kyle Reese è l’inconsapevole padre di John, frutto dell’amore dell’unica notte trascorsa assieme a Sarah; del pari, sarà a causa dei resti del Terminator recuperato dalla pressa in cui è stato distrutto, che si avvieranno gli studi sull’intelligenza artificiale e sulle macchine intelligenti, gettando le basi per la tecnologia di Skynet. Dunque, è lecito chiedersi cosa sarebbe accaduto se Kyle NON fosse tornato indietro nel tempo. Probabilmente nulla esisterebbe della guerra stessa; niente T800 indietro nel tempo, niente John Connor, e del pari niente studi sull’intelligenza artificiale e sulle macchine. Ma magari il problema sarebbe stato solo rimandato, chi lo sa, e l’umanità sarebbe arrivata di li a un secolo ai medesimi risultati che avrebbero condotto a creare macchine senzienti che si sarebbero poi ribellate.
Terminator 2 – Il Giorno del Giudizio: costato tra i 90 ed i 100 milioni di dollari (uno dei film più costosi ai tempi), ne ha incassati mezzo miliardo (maggiore incasso dell’epoca) e può essere considerato, molto probabilmente, come il miglior capitolo della saga, nonché uno dei film di fantascienza più belli di sempre, assieme ad Alien/Aliens – Scontro finale dello stesso Cameron. In questo capitolo, a tornare indietro sono due Terminator, un T-800 ed un T-1000, il primo per difendere un giovanissimo John Connor, il secondo per ucciderlo. L’idea di usare un cyborg in grado di assumere diverse forme e persino di liquefarsi, che Cameron avrebbe già voluto sfruttare nel primo film se solo i mezzi e le tecniche di CGI glielo avessero permesso, è stata senza dubbio vincente, creando nel Terminator interpretato da Robert Patrick uno dei cattivi più memorabili della storia del cinema. Alla fine di questo film, chip e braccio bionico del T-800 del primo lungometraggio, contro cui s’era scontrato (perendo) Kyle Reese, vengono distrutti nel piombo fuso ed il Giorno del Giudizio viene scongiurato per sempre.
Sì, certo, come no. Come se ad Hollywood avessero rispetto per la coerenza delle loro stesse opere.

Cinque film e cinque attori differenti: che spesso non c’entrano nulla l’uno con l’altro. Magari è un paradosso temporale anche questo…
Terminator 3 – Le Macchine Ribelli: film che, sfruttando il celebre stratagemma di Marty McFly in Ritorno al Futuro – “Ehi Biff! Che diavolo è quello?!?” – fa distrarre quel tanto che basta a incasinare tutta la storia e far incazzare non poco i fans. Come si apprenderà, il Giorno del Giudizio non è stato scongiurato perché “[…] è inevitabile. L’avete solo rimandato“. Insomma, è costato 170 milioni di dollari (di cui 1,4 li ha messi Arnold di tasca propria per assicurarsi che venisse girata una scena memorabile, quella dell’inseguimento sul camion con gru annessa) creare un film che ne ha incassati MENO del suo predecessore (433 milioni), e che è nato da una sceneggiatura a detta di molti svogliata e poco curata, specie riguardo ai paradossi vari e agli errori cronologici (come le date di nascita e morte di Sarah Connor), ma che comunque, non si sa per quale motivo, James Cameron, sostituito nel progetto da Jonathan Mostow, ha apprezzato ugualmente. Non sono servite le lacrime spese per il sacrificio del T-800 nel precedente episodio, né la consapevolezza riscontrata nell’ultimo dialogo di Sarah Connor. Su Terminator 3 sono fioccate le speculazioni, tra cui quelle, non convincenti, di una linea temporale alternativa rispetto agli eventi di Terminator 2. In sostanza, quella linea temporale sarebbe preservata, ma questo terzo capitolo apparterrebbe ad un’altra “storia”; così come ad un altro continuum temporale appartiene la pregevole serie televisiva The Sarah Connor Chronicles (in cui la protagonista viene interpretata dalla Dea dei Nerds, Lena Headey, la Cersei Lannister de Il Trono di Spade). A prescindere da ciò, Terminator 3 presenta un John Connor orribile, con l’espressione da drogato che ti ferma per chiederti i soldi per strada, e quasi quasi ti viene da tifare per la bellissima Terminatrix (sigh…) Kristanna Loken: si è probabilmente puntato verso l’umanizzazione del personaggio, ma di certo appare più maturo e con gli attributi il giovanissimo John, interpretato da Edward Furlon, che non questa caricatura di leader che difficilmente la gente seguirebbe persino per andare in gelateria, e rispondente al nome di Nick Stahl.
Terminator 4 – Salvation: “salvation” perché salvezza era probabilmente l’augurio che i fan si sono fatti circa il franchise, ossia che venisse salvato da qualche mano santa, per lo meno. Costato la bellezza di 200 milioni (il più oneroso della serie ad oggi) e avendone portati a casa circa 371, esso sposta finalmente il fulcro della storia nel futuro di cui tanto abbiamo sentito parlare, ma di cui poco o nulla s’era visto. Alcune idee originali (Marcus Wright ed anche un tormentato ma finalmente leader John Connor) ed altre invece poco curate hanno comunque confezionato un buon prodotto con un cast di tutto rispetto (C. Bale e S. Worthington su tutti) e senza, per la prima volta, la presenza di Schwarzy all’interno del film (anche se un Terminator che appare verso la fine ha la sua faccia, montata in post-produzione sul fisicaccio dell’ex culturista R. Kickinger). Nel complesso godibile, non stravolge la “cronologia” ufficiale, anche se la presenza del personaggio di Marcus Wright ha lasciato aperti alcuni interrogativi circa le effettive possibilità e risorse di Skynet nei primi anni della sua “esistenza”.
AND NOW….TERMINATOR 5 GENISYS
Tutto in questo film è apparso tribolato, ostico e complesso: nonostante dovesse essere un rilancio, come per il quarto capitolo, del franchise, Genisys, negli obbiettivi (speranze?) dei produttori, vorrebbe essere il primo di una nuova trilogia (…), ammesso e non concesso che ci sia il giusto ritorno economico – e di interesse del pubblico: e non parlo degli affezionati del franchise (quelli, almeno, che non si sono suicidati dopo Terminator 3), ma di quel vasto, eterogeneo pubblico che, appassionato o no, comunque era corso a vedere gli altri capitoli della serie. Non aiuta il fatto che la Halcyon, che deteneva i diritti di sfruttamento del brand, abbia dichiarato bancarotta già nel 2007, indebitandosi per produrre Salvation, i cui magri (in proporzione) ritorni economici hanno di nuovo affossato l’azienda, con un conseguente balletto di offerte per i diritti che hanno iniziato a susseguirsi quando è rispuntato il nome di Schwarzenegger; a questi problemi, si sono aggiunti quelli dello script (= “di che diamine parliamo in questo film che DOBBIAMO fare?“) e della scelta del regista (McG, al secolo McGinty, ma anche Ang Lee, fino al prescelto Alan Taylor, regista anche di Thor – Dark World) fino al cast (si è puntato su Emilia Clarke, ossia la nostra Daenerys Targaryen, ma anche su Jason Clarke per il ruolo di John Connor e su Jai Courtney per Kyle Reese).
Ma, in tutto questo, di che diamine parla Genisys, che fungerà anche da reboot della trama pur ricollegandosi alle vicende già note?
Come già mostrato nel primo film, Kyle Reese viene mandato indietro nel tempo per salvare Sarah Connor e, pur non sapendolo, dar vita all’eroe della Resistenza, John Connor: ma stavolta le cose vanno diversamente. Lacerato e storpiato dai troppi viaggi nel tempo, il tessuto temporale va alla malora, creando una linea alternativa in cui Sarah Connor è già preparata alla guerra e a conoscenza del proprio destino, in quanto “adottata” fin da bambina da un T-800 (un Arnold/Terminator invecchiato); ci sarà un ALTRO T-800 (sempre Arnold, ma quale giovane Terminator), lo stesso che nel primo film tentava di ucciderla, da afforntare oltre al T-1000 ed allo STESSO John Connor che verrà “posseduto” da delle nanomacchine diventando un avversario. Se tutto questo non vi sembra incasinato abbastanza, aggiungeteci, stando alle speculazioni, altri Terminator come i T-Infinity, già apparsi nei romanzi dedicati alla serie, e col compito di correggere le linee temporali.
Ne risulterà, quindi, uno scombinamento di tutto ciò che è stato già visto fino ad oggi, un reboot con una nuova trilogia e un film che si spera non indugi in certe sciocchezze o picchi al ribasso di pathos che…
….no, niente, lasciate perdere. Io vado a suicidarmi.
– Leo d’Amato-