Solitamente, quando si accostano alcune parole come “fantasy”, “Italia” e “Tolkien”, nasce in me un certo pregiudizio che induce a pensare le peggiori cose: ciò può capitare per diversi fattori.
Sarà perché quando ciò accade, in realtà ci si riferisce ad un autore che, colmo di pretenziosità, riesce a pubblicare un libro che, per qualche inspiegabile meccanismo che coinvolge la sua promozione e le tematiche trattate, diventa un caso e/o un fenomeno tale da spianare la strada verso altre opere che, via via, come in un circolo vizioso, consolidano una certa faziosa idea di quanto realmente valga lo scrittore in questione; sarà perché, quando quelle tre parole iniziano a comparire in qualche recensione pubblicata su blog, riviste o YouTube, si teme sempre che chi le impieghi abbia alzato il gomito di parecchio; sarà, semplicemente, perché a quelle tre parole se ne accostano di solito altre due, ossia “recensione addomesticata”, tali per cui le lodi sperticate non trovavano fondamento o, se pure, sono forse un po’ esagerate, a riprova che da noi, in Italia spesso ci si entusiasma per un nonnulla e/o che in effetti non si sappia nemmeno dove Tolkien stia di casa.
Dopo questa premessa un po’ polemica che spero mi perdonerete, torno me stesso, e preciso quindi che il libro di cui vi parlo oggi, “La Stagione del Ritorno” di Angela di Bartolo, trova da parte mia l‘impiego delle famose tre parole di cui sopra, ossia “fantasy”, “Italia” e “Tolkien”. Fermi, abbassate i forconi e lasciatemi chiarire il mio punto di vista e, così, il mio giudizio che potrebbe apparire esagerato.
Non ho scritto e non scriverò mai che la scrittrice è Tolkien rediviva oppure “la nuova Tolkien”: c’è stato un solo J.R.R. Tolkien, così come ci sono una sola Margaret Weis, un solo Tracy Hickman o un solo R.A. Salvatore, tanto per citare anche altri autori conosciuti ai più nell’ambito del fantasy puro. Ciascuno di questi individui ha dato una propria impronta al genere e, per quanto Tolkien sia il padre di una letteratura fantasy che è epica e poesia assieme, gli altri hanno offerto comunque delle pregevoli variazioni sul tema.
Ora, Angela di Bartolo (che avevamo intervistato già in passato in occasione della recensione della sua antologia di racconti) ha dato vita ad un fantasy che è “tolkieniano”, in modo da rendere meglio l’idea delle sensazioni trasmesse durante la lettura: lo stile è molto ricercato ma non pesante, è descrittivo senza risultare una mera elencazione di situazioni e vicende, e sa soppesare le rivelazioni con quanto si possa lasciare alla fantasia e all’immaginazione del lettore o, solo, riservarsi di approfondirlo in un secondo momento.
Recensire questo libro non è semplicissimo. La storia, sulla carta nulla di dissimile dalla canonica contrapposizione tra il Bene ed il Male, si sviluppa su più livelli: umano, con le incomprensioni tra le persone e tra i popoli, le scelte e le responsabilità; generale, con una scacchiera geopolitica di ampio respiro; e universale, con il Nemico, artefice e portavoce del Male stesso, di nome Wormor.
Tuttavia, ho trovato il racconto “tolkieniano”, in quanto si respira un’aria vasta e si ha la sensazione di grattare solo la superficie di tutta la vicenda: si comprende che la narrazione si concentra su una storia che è parte di un disegno ben più grande. I personaggi risultano ben contornati, all’inizio solo accennati, forse per farli familiarizzare con il lettore e poi, via via, approfonditi, e i rapporti e le interazioni risultano strutturati in modo credibile, al punto che la loro evoluzione e la loro crescita appaiono una naturale conseguenza.
Ma qual’è, dunque, la trama di questo romanzo di 680 pagine e che consta anche di un’appendice e di una mappa pieghevole, che sicuramente i puristi del genere apprezzeranno?
SINOSSI DEL ROMANZO
Alcuni accadimenti innescano nuovamente la rivalità tra il Regno di Galenia e la Repubblica di Lirian, a causa di vecchi rancori, gelosie o solo sospetti. Una rivalità mai davvero sopita, come braci che covano sotto la cenere. Le Terre d’Oriente vengono quindi infiammate dalla guerra, mentre un gruppo di persone devono cercare il modo di svelare la verità celata da strati di menzogne e abili raggiri, fino a scoprire che Wormor, il Nemico, è ancora in grado di nuocere. Glirien Hairisen, designato erede di Eliandar, Wisenard, uomo anziano la cui esistenza è confinata ai racconti ed alle leggende, ed Efairon Friheld o meglio dire Efi, saranno i tre protagonisti principali, affiancati da numerosi altri personaggi (alcuni veri e propri comprimari), nelle cui mani riposa il destino delle genti libere.
CONCLUSIONI
Quando si ha per le mani un romanzo ben scritto, strutturato come si deve e con una trama ricercata ma non eccessivamente complessa e arricchita da diversi colpi di scena, una recensione diventa un orpello: ogni cosa può apparire superflua, quando baserebbe sedersi e lasciarsi trasportare dalla lettura.
Ci si può chiedere, peraltro, se quest’opera sia esente da difetti: ebbene no. Come già si accennava, lo stile potrebbe risultare leggermente meno apprezzabile nel caso in cui si sia avvezzi ad un fantasy più “commerciale”, come per le opere dei già citati Weis & Hickman e di Salvatore; inoltre, in diversi casi si sperimenta la sensazione di leggere alcune vicende che sappiano di “già noto”, o qualche cliché che però è tipico del genere. Del resto, come disse un regista, “le ultime trame originali le ha già utilizzate Omero”.
E Tolkien, ovviamente.
“La Stagione del Ritorno” è edito da Runa Editrice, ed è in vendita al pubblico al prezzo consigliato di 19,90€.
– Leo d’Amato-
- Stile pregevole, ricercato e scorrevole;
- Introduzione affidata ad un "narratore", Bellfil Oròfil, sulla falsariga del Manzoni;
- Storia con il giusto equilibrio tra intreccio e colpi di scena;
- Personaggi piacevoli e ben delineati;
- Le vicende possono sembrare simili ad altre già narrate in altre storie;
- Qualche cliché tipico del genere fantasy;
Se siete stati conquistati in passato da un tipo di fantasy più "epico", dovreste sicuramente dare una possibilità a "La Stagione del Ritorno": pur finendo con l'inserire alcune situazioni che irrimediabilmente daranno una sensazione di déjà-vu allo zoccolo duro dei lettori del genere, l'autrice è riuscita a creare una storia interessante e ben scritta, con una buona caratterizzazione dei personaggi e il giusto ritmo. Decisamente consigliato a chi vuole staccarsi un po' dal fantasy più "commerciale".