Chi è Patrizia Mandanici?
Un’artista. Prima illustratrice, poi disegnatrice per Bonelli. Nasce a Messina, studia ad un liceo artistico di Roma e si iscrive all’indirizzo scenografico dell’Università di Belle Arti di Roma. Nei primi anni Novanta lavora come illustratrice per la rivista Avvenimenti e poi per il mensile Kaos, dedicato al mondo ludico. Realizza Billiteri per L’intrepido, Agenzia Scacciamostri per Il Giornalino e Jordi eroe galattico per Il Corrierino.
Per Star Comics realizza Ossian, e poi entra nella Sergio Bonelli Editore come disegnatrice di Legs Weaver. Successivamente, disegna alcune storie di Gregory Hunter, Nathan Never e del suo spin off Universo Alpha.
Bevenuta Patrizia sulle nostre pagine virtuali!
Le case editrici e il pubblico hanno sempre standard e richieste ben precise. Quanto, come artista, riesci a disegnare quello che vuoi come lo vuoi? E quanto, invece, ti “pieghi” alle esigenze editoriali?
Metà e metà, c’è sempre almeno un po’ di libertà. Quando arrivano le sceneggiature non ci sono mai tante imposizioni, c’è la descrizione dei personaggi, l’ambiente, i dialoghi, e quando serve anche l’atmosfera da trasmettere, tuttavia spetta al disegnatore visualizzare e quindi anche interpretare in maniera personale ed efficace quelle indicazioni; parlare con lo sceneggiatore aiuta a cambiare alcune cose se queste sembrano non funzionare – è un rapporto aperto tra i due, uno scambio alla pari.
Parlo soprattutto della mia carriera presso la Sergio Bonelli Editore: è chiaro che sappiamo di avere alcuni paletti, dovendo rispettare la “gabbia bonelliana”, perché la Casa editrice fa un genere di fumetto che vuole restare graficamente abbastanza realistico e conservare la propria tradizione e il proprio pubblico. Ma entro questi standard richiesti abbiamo abbastanza libertà.
Ci ho messo un po’ ad abituarmi a disegnare Nathan Never, perché Legs Weaver era molto più aperto a ricevere disegnatori più grafici che realistici. I due titoli si differenziano sia nelle trame che nei personaggi (molto più umoristici in Legs!) e così come Gregory Hunter è molto più “cartoonoso”. Con Nathan, fra l’altro, ho voluto abituarmi anche ai retini! Antonio Serra mi ha chiesto di provarli e ho deciso che sì, sembravano dare un tono più realistico al mio segno, quindi ho iniziato ad usarli e con il tempo ho lavorato anche sul tratto. Sono sempre aperta al nuovo. Per esempio, mi incuriosiva usare il computer per la lavorazione delle tavole, quindi ho accettato di provare e sono stata contenta. Se avessi voluto tornare a non usarli, avrei potuto farlo senza problemi.
Insomma, non posso disegnare soltanto quello che voglio, ma cerco sempre di trasmettere il mio stile. Ad essere sincera, mi piacciono molto gli stili ibridi, quindi cerco di mettere sempre del mio quando disegno Nathan Never. Quando un disegnatore lavora su storie e personaggi altrui è normale che si metta a disposizione della casa editrice per cui lavora. Se si ha voglia di lavorare su altro e con maggiore libertà c’è sempre a disposizione l’autoproduzione o anche internet per pubblicare i propri lavori personali. Io fino ad adesso l’ho fatto solo con piccole cose, illustrazioni più che altro, ma solo perché non ho né il tempo né un progetto valido su cui lavorare. Il lavoro alla Bonelli mi soddisfa e per adesso va bene così.
Un artista è qualcuno che fa quello che vuole come lo vuole, o qualcuno che si modella sulle esigenze e riesce comunque a trasmettere il messaggio che ha in mente nel modo che sente più proprio?
Sono assolutamente per la seconda categoria, ma non solo perché lavoro per la Sergio Bonelli, che è la perfetta trasposizione di quella filosofia. Ho sempre ammirato opere in cui è evidente che ci sono dei paletti e un serio lavoro di squadra. In molti di questi casi, quando finalmente l’opera è finita, sono da lodare tanto l’idea quanto la volontà di portarla avanti. Per esempio, Buffy ha buoni personaggi e una scrittura carismatica, ma è evidente che hanno dovuto adeguarsi alle necessità economiche e a quello che avrebbe dovuto essere il prodotto finale.
Come è stato lavorare ad un prodotto particolare (per l’Italia) come Legs Weaver, che ha una protagonista omosessuale?
Molti non hanno amato il fumetto di Legs Weaver, forse per le caratteristiche della protagonista, forse per quelle del fumetto, che ha un tono molto più leggero rispetto a Nathan Never, pur appartenendo allo stesso universo. E forse anche lo stile grafico meno realistico ha contribuito a rendere Legs meno amata.
È ovvio che, riguardo all’omosessualità di Legs, non poteva diventare di primo piano e non si potevano realizzare storie troppo esplicite.
Di Legs mi è piaciuta molto la struttura non tipicamente bonelliana, fra cui anche la contaminazione dello stile con qualcosa che vira verso il manga. Questo si riflette nelle atmosfere, nell’umorismo e in un disegno non sempre realistico. Lavorare a Legs mi è piaciuto e mi sono divertita.
Ho disegnato il numero 51 – Gli amori difficili, in cui si tratta delle relazioni di Legs, e devo dire che gli sono rimasta molto legata.
Disegnare Legs non mi creava alcun problema, è stata un’idea bella e anche coraggiosa, era la prima volta che la Sergio Bonelli inseriva di contorno la tematica dell’omosessualità.
Orfani ha rinnovato molto il fumetto della Sergio Bonelli Editore, anche sotto il punto di vista del disegno. Come disegnatrice, cosa ne pensi di questa evoluzione? È davvero tale?
È difficile dire quando una cosa si evolve, anche perché parliamo della Sergio Bonelli Editore, che ha sempre fatto del classico il suo vero standard. Per chi lavora da tanto tempo in Bonelli è stata una grande e interessante novità.
Da disegnatrice, devo dire che i disegni di Orfani mi piacciono e hanno una grande potenza grafica. A me manca molto di quello che invece ha Annalisa Leoni, la colorista, che fra l’altro ha delle scadenze stringenti, quindi è doppiamente brava a non abbassare mai la qualità di colorazione. Se come è nelle sue intenzioni, Annalisa dovesse riuscire ad aprire una scuola di colorazione in cui spiegano non solo come colorare, ma anche come calibrare l’uso delle tinte e della luce sulle varie tavole, mi piacerebbe davvero molto seguirla.
Comunque, tornando a rispondere alla tua domanda, non so dire se Orfani con il suo disegno e la sua colorazione sono evoluzioni per la Bonelli, lo vedremo tra un po’, ma è un buon prodotto, con disegni realmente ben fatti.
Cosa ne pensi della professione del disegnatore in Italia?
Da quello che sento e leggo anche di altri colleghi, questa professione va peggiorando, almeno al di fuori della Sergio Bonelli e di poche altre grandi case editrici. Non dal punto di vista dell’impegno o della qualità, ma le paghe sono basse e alcuni faticano anche solo a farsi dare quel che spetta loro, almeno questo è quello che sento dire da alcuni illustratori. Probabilmente perché c’è crisi nell’editoria, è ormai un dato di fatto.
Io ho iniziato come illustratrice in Avvenimenti, dove lavorava un amico. Mi ha avvertita che cercavano un altro illustratore e così sono riuscita a sottoporre alla testata i miei disegni, che sono piaciuti. Non pagavano tanto, ma pagavano e a volte arrivavo a commissionarmi addirittura otto disegni al mese. Sono riuscita a mettere da parte questi soldi per spostarmi da Roma, dove abitavo, fino a Milano.
Sono riuscita ad arrivare a Milano nel 1991, praticamente all’avventura, perché ancora non avevo un’occupazione. Non sono arrivata per la Bonelli, non era quello il mio obiettivo. La conoscevo, ma mi sembrava inarrivabile… non avrei mai pensato di finire a lavorare come disegnatrice, e per di più per la Sergio Bonelli. Io collaboravo con l’autore Marcello Toninelli, è stato lui a farmi debuttare in campo fumettistico. Sempre lui mi ha invitata a provare con la Bonelli, seguendo il classico iter di prendere appuntamento e mostrare i miei disegni. È stato così che ho conosciuto Antonio Serra, cui era noto il mio lavoro per Ossian e che all’epoca cercava disegnatori per Legs Weaver.
Qual’è il tuo prodotto sci-fi preferito?
Blade Runner, perché è esattamente quel tipo di fantascienza con quel genere di tematica e di fotografia che mi piaceva molto e che ai suoi tempi sembrava rivoluzionario.
Parlando del fumetto, invece, Moebius che ha anche fatto alcuni bozzetti di Alien e Tron. E amo la flora e la fauna disegnate da Leo, che riesce ad inventare cose davvero fantastiche, mentre a dire la verità non apprezzo molto il suo stile che, soprattutto per quanto riguarda la raffigurazione dei personaggi, è sempre un po’ “legnoso”.
Domandaccia: visto che durante la presentazione alla conferenza ci hai detto che ti sei avvicinata alla fantascienza proprio grazie a Star Wars… cosa ne pensi del teaser di Star Wars VII?
Interessante e aspetto con fiducia! Però il film lo valuterò solo dopo averlo visto. Sinceramente, non mi disturba il fatto che sarà una produzione Disney, poche volte ho giudizi assoluti, perché tendo ad essere una persona accomodante. E dopotutto a me bastano personaggi vivi e un aspetto visivo interessante. Però non è che mi accontento solo di questo! Cerco anche altro nelle opere… se c’è bene, altrimenti mi accontento, ma se in esse trovo la possibilità di migliorare mi sono di ispirazione.
Grazie mille a Patrizia per aver sopportato con pazienza le mie domande, e a risentirci presto quando vorrà!
– Lucrezia S. Franzon –