Immaginate un mondo in cui il Medioevo non è mai finito; in cui una creatura aliena di nome Ananta, bellissima e immortale, ha creato una razza di guerrieri vampiri e l’ha condotta dalle steppe russe verso il cuore dell’Europa; in cui un popolo di nomadi pagani, i saahavi, viaggia alla ricerca di un feudatario cristiano che li ospiti in cambio di apporto militare.
Sono le premesse del dittico di romanzi ‘Millennio di fuoco’, firmato da una delle penne più calde della narrativa fantasy italiana, Cecilia Randall (pseudonimo della modenese Cecilia Randazzo), già autrice della trilogia di ‘Hyperversum’ e del bel romanzo stand-alone ‘Gens Arcana’. Abbiamo già recensito il primo volume, ‘Seija’; oggi è il turno del secondo, uscito dopo un intervallo di undici mesi: ‘Raivo’.
DISCLAIMER: sebbene gli spoiler dal secondo romanzo siano ridotti al minimo indispensabile, quelli sul primo sono – ahinoi – inevitabili. Se non lo avete letto e volete conservare la sorpresa, non proseguite oltre!
La Bella
Seija e Raivo si sono incontrati sul campo di battaglia di Etten, nella Baviera che, in questo ucronico 1999, tenta di resistere all’invasione vaivar. Lei eroina ventiduenne, lui leggenda nera plurisecolare: qualcosa scatta e il fato li lega.
Il personaggio di Seja è una rarità nel nostro panorama letterario: una ragazza combattiva, forte e indipendente, non la classica damigella in difficoltà, ma una tipa tosta che si salva da sé, una guerriera che può prendere in mano le sorti di un intero popolo. Se è vero che l’autrice ha faticato a creare la sua prima protagonista femminile, come rivelava in questa intervista, è anche vero che il risultato è un personaggio complesso – ma con il quale è facile entrare in empatia –, approfondito e credibile, per certi versi affine alla Katniss di ‘Hunger Games’; in questo secondo volume anche la sua situazione ha molto in comune con quella dell’eroina di Susan Collins: promessa in sposa al mellifluo e ambizioso Principe Lothar di Svevia, Seija è ridotta a fare semplici comparsate sui campi di battaglia, con lo scopo di ispirare le truppe dopo la perdita del margraviato di Füssen. Nel frattempo, strappata alla semplicità della religione e della vita dei saahavi, studia da nobildonna cristiana, subendo tutte le relative restrizioni: preghiere, immobilità forzata, esclusione da ogni discussione su guerra e politica. Uno specchio fedele della condizione femminile medievale, in cui la bravura dell’autrice rende l’angoscia della prigione dorata che si chiude attorno alla protagonista. Anche qui non mancano similitudini e richiami: chi ha letto ‘Le nebbie di Avalon’ di Marion Zimmer Bradley rammenterà di personaggi femminili forti imprigionati nelle convenzioni maschiliste del mondo cristiano e medievale. Quelle donne, però, avevano almeno a disposizione la magia, per sfuggire alle catene che le legavano ed incidere sul mondo; Seija no. Si capisce quindi che lo status quo sia destinato ben presto a mutare.
“Era legata da catene invisibili che lei stessa aveva accettato di portare e mai come in quel momento ebbe la consapevolezza della libertà perduta, sacrificata sull’altare della ragion di Stato.”
La Bestia
Raivo è un eroe nero, un uomo dell’intelligenza sconfinata e dal fisico impareggiabile, in grado di superare ogni sfida. Ha perso tutto tre secoli prima, tramutandosi in uno strumento di odio, vendetta e distruzione. Un po’ come il Dracula di Coppola, si è dannato dopo che l’amata moglie gli è stata portata via: il Traditore rinuncia alla sua natura umana, divenendo una pedina nelle mani della regina dei vaivar e scegliendo una vita lunghissima in cui macerare nella propria sofferenza.
In ‘Raivo’, Cecilia Randall prosegue la costruzione a tutto tondo dell’imponente manvar (mezzosangue creato da Ananta in persona) che dà il nome a questo secondo romanzo, rendendolo la controparte perfetta per la protagonista. Dal primo volume sappiamo che Raivo non ha tradito, ma è stato tradito, e non possiamo non provare una certa simpatia per questo antieroe mutante, scorbutico, feroce, che in un qualche ha sviluppato un contorto rapporto di amore-odio – abbondantemente ricambiato – con Seja.
Impedire le nozze del Millennio e l’ascesa al trono imperiale di Lothar, discendente degli assassini di Maila, è la sua ossessione. Ma le ossessioni generano disperazione nelle vittime, spingendole a concludere patti col diavolo (anche in senso letterale). Da qui si mette in moto un meccanismo, talora sorprendente, di azione e reazione, chiuso in un cerchio perfetto dal riutilizzo, in tutt’altro contesto, delle frasi già sentite a Etten, che non mancherà di dare una stretta al cuore.
“Il Traditore era vicino al baratro e scrutava il castello dall’alto nell’abbraccio del vento, come un’eglen. Era concentrato, cercava qualcosa tra gli edifici e nella valle. […] lo stratega pluricentenario stava valutando ogni singolo dettaglio del luogo, difese, punti deboli, vie d’accesso, la conformazione del terreno e del fiume, la piana davanti al castello, il fossato, che nel tempo si era quasi colmato di detriti…”
‘Sturm und drang’
La scrittura della Randall è, come nei romanzi precedenti, tremendamente incalzante. Le pagine volano, la numerazione dei capitoli diventa un mantra sommesso sullo sfondo della lettura, anche le ore di sonno vengono immolate pur di sapere come andrà a finire la vicenda dei protagonisti. Quando però, riflettendoci a mente fredda, ci si rende conto che i cliffhanger sono giusto una manciata, si capisce che non sono tanto questi espedienti a spingere a divorare il libro, quanto la ben più profonda e accattivante caratterizzazione dei personaggi, così ben realizzata da lasciarci impazienti di scoprirne il destino, quale che sia, per quanto tragico possa mai essere.
E non ci sarebbe da stupirsi se lo fosse per davvero: come spiegato dalla stessa autrice, una delle principali fonti di ispirazione per questa saga è la letteratura romantica tedesca dell’Ottocento.
Ad occhi attenti questo non può sfuggire: la stessa ambientazione bavarese, le montagne avvolte dalla foschia, i manieri abbandonati e i ruderi in rovina, le cavalcate notturne sono tessere di un gigantesco tributo a quello spirito del Sublime che caratterizzava quella corrente letteraria. Così come lo sono le creature che popolano il mondo fantasy proposto ai lettori: Ananta, dea e divinità, marmorea e sensuale; i vaivar, un po’ elfi e un po’ vampiri, che come la loro regina creano i manvar con morsi al collo; le neimhe, ninfe che vampirizzano le energie vitali con il tocco e che con lo stesso mezzo possono curare taumaturgicamente i feriti. Interessante anche l’esplorazione delle motivazioni dei vaivar, non ridotti a cattivi tanto per esserlo, ma visti come esseri umani – forse nella peggiore delle accezioni, con le loro passioni animalesche, i loro obiettivi e i loro giochi di potere: la storia dei demoni malvagi vomitati dall’Inferno è buona solo per gli Svevi e gli altri cristiani.
Anche il rincorrersi tra Raivo e Seija è tributario del romanticismo: come nella tradizione letteraria ottocentesca e novecentesca, il morso vampiresco allude inequivocabilmente all’atto sessuale, che vedremo poi consumato sempre in modo violento e dominante, ma anche inebriante e travolgente.
Per restare in tema, in questo libro – rispetto alle precedenti opere della Randall – la dimensione sessuale trova uno spazio inedito, ma perfettamente consono al tono maturo del racconto, che lo allontana sempre più dal filone young adult e regala scene descritte con intensità, sensualità e poesia. Sono passati dieci anni da quando Ian, il protagonista di ‘Hyperversum’, si sincerava che la sua dama non fosse stata stuprata con perifrasi fumose; qui il linguaggio è molto più esplicito, forte. Non sorvola né sull’amplesso né sulle decapitazioni. Del resto, in questo affresco dark fantasy anche le descrizioni delle ferite e delle morti sono particolarmente vivide; la sorte dei prigionieri è descritta senza lasciare spazio all’immaginazione; le battaglie assumono un ruolo preponderante, con accurate digressioni sul terreno di scontro e sulle manovre militari, evitando però un’enfasi eccessiva che avrebbe appesantito la lettura.
La violenza, in tutte le sue forme, diventa a sua volta oggetto della contemplazione del Sublime: la rabbia di Raivo, descritta come una muta di bestie intenta ad azzannarsi nel suo petto, rimbomba quasi come una tempesta, cercando uno sfogo che non può trovare e spingendolo ad atti di estrema violenza in risposta a comportamenti che vorrebbero essere solamente teneri.
Insomma, per tutti questi motivi – e per altri che lasciamo a voi scoprire e valutare – la saga ‘Millennio di fuoco’ e ‘Raivo’, il secondo romanzo, in particolare, sono una lettura imperdibile per chi sia già fan di Cecilia Randall, così come per chi, appassionato di fantasy (anche in versione dark) abbia voglia di scoprire una storia matura e gotica, personaggi affascinanti, un’ambientazione cupa (pur senza arrivare agli eccessi nichilisti della trilogia di ‘Magdeburg’ di Alan D. Altieri) e – last but not least – un’autrice italiana che non ha niente da invidiare a scrittori e scrittrici d’Oltreoceano. Nella fervente attesa di poter leggere i prossimi frutti della sua immaginazione.
– Stefano Marras –
‘Millennio di fuoco – Raivo’: la recensione
Isola Illyon
+ La caratterizzazione di Seija: altro che donzella in difficoltà!
+ Raivo: genio militare, violento, oscuro, sanguinario. Uno degli eroi neri più interessanti dai tempi di Darth Vader!
+ La trama che corre e scorre fluida e irruente come un fiume in piena
+ L'ambientazione gotica: manieri infestati, castelli in rovina, nebbie, foreste silenziose...
+ Le creature che popolano il mondo in questa ucronia
+ Battaglie e combattimenti in quantità!
- Alcuni personaggi come Britte, Ari ed Heraii avrebbero forse meritato maggiore approfondimento
- Il finale dolceamaro e decisamente aperto - ci saranno mai dei sequel?