Nell’ambito della recentissima ultima edizione del Lucca Comics & Games, sabato 1 novembre, alle 14.00 nel Salone San Girolamo, si è tenuto il panel per le celebrazioni del 40° anniversario della nascita nientepopodimenochè di D&D, dal titolo “40 anni di rivoluzione culturale”, del quale vi aveva anticipato il prode Vincenzo Mirra in un articolo apposito, qui. I vostri inviati, arrivati direttamente dai moli più malfamati dell’Isola, sono stati tra il centinaio scarso di fortunati che hanno potuto assistervi, comodamente assisi nelle primissime file riservate alla stampa. Un dibattito su passato, presente e futuro del papà di tutti i giochi di ruolo, insieme a coloro che ne hanno segnato le fortune dall’inizio dell’avventura (è proprio il caso di dirlo) fino ad oggi. Un parterre de roi di portata, concedetecelo, davvero mondiale, che avrebbe mandato in solluchero qualsiasi appassionato di GdR cartaceo (e non); sono intervenuti, in ordine rigorosamente casuale:
Jeremy Crawford: statunitense di Seattle, co-lead designer della nuovissima, richiestissima e già controversissima quinta edizione di D&D, già collaboratore per la quarta edizione.
Monte Cook: ci vergogniamo quasi a presentarlo, ma passi. Statunitense, autore della più rivoluzionaria delle incarnazioni di D&D, la terza, e padrino del d20system. Serve altro?
Frank Mentzer: un’altra leggenda che non ha davvero bisogno di presentazioni. Questo tranquillo signore, con capelli e barba candidi nonchè la bonarietà di Babbo Natale, è l’ultimo reduce della generazione di fenomeni che diedero il via alla leggenda di D&D. Amico di Gygax e Arneson, direttore creativo alla TSR (la Tactical Studies Rules) negli anni ’80, è universalmente noto per aver revisionato le regole del semimitologico primo regolamento (l’Original) creando i cinque boxed set (noti in Italia come scatole rossa, blu, verde, nera e oro).
Drew Karpyshyn: canadese, autore, per il multiverso di D&D, di trame di videogames come Baldur’s Gate 2, Neverwinter Nights, Hordes of The Underdark e scrittore di romanzi ambientati nei Forgotten Realms
Robh Ruppel: illustratore texano, autore di numerose copertine ed illustrazioni di prodotti ambientati nei FR, Ravenloft, Dragonlance e Planescape.
Questi cinque pesi massimi del GdR si sono confrontati tra loro e col pubblico, imbeccati dagli interessanti spunti degli organizzatori, in una chiacchierata a tutto campo su D&D. Ecco cosa ne è venuto fuori:
– Una delle stranezze che saltano subito agli occhi, nella linea temporale di Dungeons&Dragons, è il salto tra le edizioni Advanced e la 3.0: passano quasi vent’anni. Perché?
F. Mentzer: ricordo quei tempi. Siamo nel 1985 e, con una manovra di borsa spregiudicata, Gary Gygax e Dave Arneson vengono scippati della proprietà della TSR da individui che non erano giocatori e che, del gioco di ruolo, non si curavano affatto. Gary, Dave e gli altri creatori erano giocatori che scrivevano per giocatori, mentre la nuova proprietà era interessata all’esclusivo aspetto commerciale. Ciò è testimoniato dal fatto che, nel periodo in questione, siano uscite montagne di add-ons per la Advanced, ma nulla di originale dal punto di vista del regolamento. Quando nel 1997 Peter Adkinson acquistò la TSR, la compagnia ritornò nelle mani di un giocatore e l’impulso allo sviluppo di un nuovo regolamento fu immediato.
M. Cook: sono d’accordo con Frank. Io entrai alla TSR alla fine del 1994: la seconda edizione puntava meno sull’espansione del regolamento e molto di più sulla molteplicità di prodotti legati alle ambientazioni. Fu un errore commerciale al quale non si pose rimedio finché la Wizards non prese le redini. Lo sviluppo del regolamento e dell’edizione era già attiva da tempo, ma fu solo dopo l’ingresso della casa di Seattle che si ebbe l’impulso decisivo. Aggiungo che la terza edizione, in casa TSR, fu vissuta come un “o la va o la spacca”. Non fosse andata, sarebbe stata probabilmente la fine del brand D&D così come lo conosciamo.
D. Karpyshyn: una riflessione sui regolamenti, dal punto di vista dei videogames, non può prescindere dal fatto che le regole della 3a edizione abbiano enormemente facilitato l’implementazione del regolamento nella controparte videoludica rispetto all’edizione Advanced. Credo che la cosa fosse intenzionale da parte degli sviluppatori del cartaceo (Cook annuisce. Ndr)
– D&D è un gdr di ambientazione fantasy. Avrebbe avuto lo stesso successo se avesse iniziato con un’altra ambientazione?
F. Mentzer: negli anni 60-70 ci fu un enorme interesse, nei campus universitari, per gli scritti di Tolkien, di cui iniziavano ad uscire le edizioni economiche sulle quali ci siamo formati tutti, Gary, Dave, io, chiunque. A volte me lo domando anche io: se avessimo ambientato il D&D originale in un mondo fantascientifico? In un immaginario altrettanto attuale all’epoca, come 2001 Odissea nello Spazio o, un po’ più tardi, Guerre Stellari? Non lo sapremo mai. Si scelse il fantasy perché Gary veniva dall’immaginario medieval fantasy di regolamenti boardgame come Chainmail.
J. Crawford: secondo me uno dei motivi per i quali D&D è ancora qui dopo 40 anni è proprio perché è, per definizione, fantasy. Molti altri gdr sono ambientati in altri immaginari, ma D&D rimane il primo. E’ perché il fantasy va oltre il momento storico e tocca la leggenda, il mito. Mostri, Dei, castelli, ricerche, viaggi. La fantascienza, per esempio, ricerca l’altro da noi, l’alieno, ciò che è di un mondo diverso dal nostro. Il fantasy invece è un ritorno a casa, ad una cultura che ci è familiare e che ci definisce più di ogni altra cosa.
M. Cook: Nemmeno per me è una coincidenza. Anche per ragioni molto pratiche: un quattordicenne non ha l’esperienza per descrivere coerentemente una nave spaziale, o un paese del far West, tanto per parlare di ambientazioni gdr che vanno per la maggiore. Nel fantasy, invece, non hai limiti. Nel fantasy è tutto plasmabile a piacimento, tutto coerente e tutto (o quasi) plausibile.
E’ anacronistico oggi giocare il gdr ancora con carta e penna? Potrà mai il PC sostituire un GM umano? Il gdr ha i giorni contati?
D. Karpyshyn: ci abbiamo pensato spesso in Bioware e la risposta è stata: no, non è la stessa esperienza. Pensate a Baldur’s Gate: ok, c’è il regolamento, ma manca completamente l’interazione ruolistica coi compagni. Il PC non basta. Con un bravo master, una sessione cartacea semplicemente non ha limiti. Ma anche se alcuni giochi recenti battono con più convinzione la strada dell’interpretazione, e anche ammesso che la AI migliori costantemente, siamo ancora lontani decenni dal replicare a video l’esperienza di una sessione tabletop.
M. Cook: sono game designer dal 1988 e succede spesso che mi predicano che nel giro di cinque anni rimarrò senza lavoro. Non è mai successo. Semplicemente, la capacità di creare dal nulla è propria dell’essere umano e non potrà mai essere replicata da alcuna macchina. Cos’altro ci può riunire attorno ad un tavolo con gli amici a dire stupidaggini, ridere e mangiare schifezze se non una sessione cartacea?
R. Ruppel: Il cambiamento è inevitabile, ma il resto non va perso: un tempo la pittura a tempera era la tecnica usuale per le illustrazioni, ma con l’avvento della tecnica ad olio è stata soppiantata. Così il passaggio nella fotografia dalla pellicola al digitale. Ma non per questo gli antichi capolavori sono andati persi.
J. Crawford: Credo che il gdr cartaceo e quello digitale continueranno a coesistere. Noi game designer teniamo conto del mondo dei videogiochi, come evolve e che cosa offre all’utente. E cerchiamo di proporre quello che la controparte digitale non offre. Per dire, i gdr cartacei vivono un momento di espansione, nonostante la crisi, perché offrono quello che la gente cerca in questo periodo: interazione umana e ricerca della socialità.
F. Mentzer: Non sono d’accordo con la premessa. Ricordo mia nonna che nacque senza acqua corrente e luce in casa, o mio padre che nacque senza televisore. Allo stesso modo, non possiamo immaginare come la tecnologia si evolverà e se le divisioni rimarranno così nette così come le abbiamo delineate. Può darsi che tra vent’anni potremo giocare una sessione gdr tra persone diverse in diverse parti del mondo, ognuno comodamente installato a casa propria, tramite delle proiezioni olografiche. Il futuro è da scrivere.
In conclusione del dibattito, tra considerazioni sulle varie tipologie di giocatori (powerplayer, cooperativi), e sul fatto che il gioco di ruolo è l’unico tipo di gioco nel quale alla domanda “Chi vince?” si può tranquillamente rispondere “Tutti”, se ci si sta divertendo, si arriva alla definizione di GdR data dall’immenso Frank Mentzer: “Un gioco di ruolo non è nient’altro che l’unico tipo di improvvisazione teatrale nel quale sono gli attori stessi a concorrere alla scrittura del copione”. Alla domanda del pubblico a quale classe di D&D appartenesse ognuno dei partecipanti, Cook e Karpyshyn scelgono il Mago, Crawford e Mentzer il Chierico e Ruppel “Tutti quelli che ho giocato!”
Usciamo dall’auditorium San Girolamo leggeri nello spirito, consapevoli di aver partecipato ad uno dei momenti più importanti di sempre per D&D, e che abbiamo ancora davanti a noi anni di strani, nuovi mondi da scoprire e avventure da vivere. In questo meraviglioso universo che 40 anni fa rivoluzionò il modo di giocare di milioni di persone, chiamato Gioco di Ruolo.
– Luca Tersigni –