A sette anni dall’uscita del romanzo a fumetti e a poco più di un anno dall’approdo in edicola come serie regolare (la prima ad ambientazione fantasy della Bonelli), Dragonero sbarca in libreria con il primo romanzo in prosa, ‘La maledizione di Thule’, scritto da Stefano Vietti (creatore e sceneggiatore, insieme a Luca Enoch, del fumetto) per i tipi Mondadori, Collana Chrysalide.
DISCLAIMER: questa recensione non contiene spoiler dal romanzo. Ci limiteremo a riassumere per sommi capi la trama riportata sui risvolti di copertina: se volete conservare la sorpresa anche su queste poche informazioni, non proseguite oltre!
I personaggi e la trama
Per chi ancora non dovesse avervi familiarità, la serie narra le vicende di Ian Aranill, ex militare di carriera, carismatico e playboy, dal passato offuscato da qualche macchia, finito a fare lo scout imperiale e a girovagare, con compiti di investigatore, ambasciatore e osservatore militare, da una parte all’altra del vasto Impero Erondariano. Discendente di una nobile schiatta di uccisori di Draghi senzienti, Ian ha all’attivo appena un’uccisione, che però gli ha cambiato la vita: in quell’occasione, infatti, il nostro ha trangugiato involontariamente il sangue della propria vittima, finendo per subire una trasformazione i cui effetti sono ancora avvolti nel mistero. Da quel giorno è noto come Romevarlo – Dragonero, in lingua antica. A lui si accompagnano Gmor, un orco ben lontano dallo stereotipo del tank senza cervello, e la bisbetica elfetta Sera, strappata dalla propria terra natia per aiutare Ian in quella che, finora, è forse stata la sua missione più importante. Di quando in quando a questa curiosa compagnia si uniscono Alben, il vecchio Luresindo scorbutico e pieno di fisime, e Myrva, sorella di Ian e Tecnocrate.
La vita di Ian nel suo buen retiro di Solian viene sconvolta dall’arrivo di Alben, che giunge – come spesso accade – per portare cattive notizie e che solo dopo lunghe insistenze finisce per rivelare tutti i segreti di cui è portatore. Nella sperduta località di Thule un antico male si sta risvegliando, pronto a riemergere dalla prigione in cui lo si credeva sepolto: Caen, un Reietto, un essere dotato di poteri sovrumani grazie a Fluidi alchemici e a misture di sangue di Drago, tradito e imprigionato in seguito alla distruzione dei suoi creatori. Se dovesse riuscire a liberarsi, le conseguenze sarebbe inimmaginabili. Da qui la necessità di mettere in atto un piano, ordito dal machiavellico Luresindo.
Il romanzo si inserisce in un qualche modo nella continuity del fumetto: leggendolo, gli appassionati della serie ritroveranno personaggi e ambientazioni che negli anni hanno imparato a conoscere e ad amare; saltarlo non dovrebbe compromettere la lettura della serie (ma sconsigliamo di farlo); fruirne senza conoscere il romanzo a fumetti o la serie è possibile, ma a costo di perdere la gran parte del sottotesto al quale Vietti non può non fare riferimento. Definirlo autoconclusivo può trarre in inganno: la storia di Ian ha avuto inizio e continuerà – speriamo per lungo tempo – nei fumetti, quindi sfogliare l’ultima pagina non ci colpirà con la sensazione di vuoto data dal non poter conoscere la sorte futura dei personaggi.
Dal fumetto al romanzo
Complessivamente, con le sue 280 pagine, il romanzo appare la trasposizione in un unico libro di quello che avrebbe potuto essere un arco narrativo distribuito su tre o quattro uscite del fumetto, arricchito dalla maggiore profondità descrittiva consentita dal medium prescelto. È una storia che chiede di essere letta tutta d’un fiato, con capitoli brevi spesso culminanti in cliffhanger da brivido, costruita con una perfetta composizione ad anello. Scorre rapida ed impetuosa come un torrente, con un equilibrio narrativo perfetto sino quasi alla fine, che sembra, purtroppo, un tantino affrettata.
Si realizza una sorta di magia quando un personaggio e le sue storie passano da un medium all’altro senza risentirne; Stefano Vietti realizza questa magia, trasportando Ian e compagni dal mondo del fumetto a quello del romanzo fantasy senza fargli perdere neanche un minimo di vitalità e credibilità. Anzi. Ian, Gmor, Sera e Alben sembrano più vivi che mai; la prosa regala allo sceneggiatore del fumetto inediti spazi per rivelarci piccoli dettagli relativi agli indumenti indossati da Ian, sicuramente graditi ai fan, ma anche un’introspezione più profonda sul protagonista e sui suoi inseparabili amici. Ad un livello più ampio, nel passaggio dai balloon alle pagine del romanzo lo sceneggiatore rivela una scrittura incalzante, contrassegnata da una poesia cruda e asciutta, velata di una malinconia che riflette i tormenti interiori di tutti i personaggi, senza eccezione alcuna. Le scene d’azione sono rapide e coinvolgenti, le botte, i graffi, le ferite escono dalla pagina e si riflettono nella mente del lettore con un dolore reale, che toglie il respiro.
Tanta azione, dunque. Ma Dragonero è anche – anzi, soprattutto – Avventura, con la A maiuscola. Le descrizioni dei viaggi interminabili attraverso l’Erondar, le “fotografie” dei panorami aspri e selvaggi, i racconti delle marce sotto la pioggia battente e delle soste notturne in tenda, nelle locande o nelle stazioni di posta vibrano di una passione mai celata per il gioco di ruolo e non possono non toccare le corde più profonde di chi, almeno una volta nella vita, si sia seduto ad un tavolo con un set di dadi in mano e una mappa di un mondo immaginario sotto gli occhi. Il mondo è vivo e pulsante negli occhi di chi legge, come accade nei fumetti. Rispetto a questi, però, ‘La maledizione di Thule’ sembra compiere una decisa virata verso il sottogenere dark fantasy, con un’enfasi su oscuri rituali magici (spesso innominabili e persino inimmaginabili) e con descrizioni talvolta piuttosto truculente, ma sempre ben realizzate.
“Era quasi mezzogiorno, ma sembrava scesa la notte. Alben rivolse lo sguardo al cielo e provò un brivido. Il cielo non esisteva più. Al suo posto, una cappa di fuliggine lattiginosa vorticava tra i rami più alti degli alberi. Alben concentrò lo sguardo e il sangue gli si gelò nelle vene. La fuliggine era viva! In essa si muovevano indistinte figure spettrali, corpi dalle sembianze umane si contorcevano in continui, sibilanti abbracci, scivolando tra gli alberi gli uni dentro gli altri.”
La copertina
Se è vero che un buon libro non si giudica dalla copertina, è anche vero che una copertina di pregio può arricchire un libro di per sé buono. Quella di ‘Dragonero – La maledizione di Thule’ è rigida, con una sovraccoperta che reca sulla costola l’effigie dei Varliedarto e sul fronte l’imponente raffigurazione di Dragonero in armatura. A ciò devono aggiungersi la fascetta e il segnalibro, che pubblicizzano la serie Bonelli e che rendono l’edizione cartacea (in luogo della versione e-book) consigliabile a tutti, ma imperdibile per i collezionisti. Tanto più che il libro contiene una grande e dettagliata mappa dell’Erondar, con l’indicazione di tutti i luoghi necessari per seguire gli spostamenti dei personaggi… come si fa a resistere?
Per concludere
‘La maledizione di Thule’ è, insomma, una storia affascinante di viaggi, caccia, indagini, battaglie, azione allo stato puro; ma – insospettabilmente – è anche una storia introspettiva, di redenzione, riscatto, di convivenza col Diverso. Quando il nemico è tanto simile a noi, come si può decidere chi abbia torto e chi ragione? Senza prendersi troppo sul serio – ce lo ricordano i siparietti comici tra Sera, Gmor e Alben, ai quali ci ha abituato il fumetto – Stefano Vietti riesce a scrivere una storia che cattura e, al contempo, sa toccare nel profondo. E che lascia profondamente ottimisti sul futuro di questa serie oramai crossmediale.
– Stefano Marras –
Recensiamo ‘Dragonero – La maledizione di Thule’!
Isola Illyon
+ Una storia epica, da leggere tutta d'un fiato, piena d'azione e d'avventura, ambientata nel mondo che conosciamo e con i personaggi che amiamo come protagonisti
+ Uno stile crudo e asciutto, in qualche modo sempre poetico
+ I tratti dark fantasy, accentuati rispetto al fumetto
+ Un'edizione cartacea pregiata, pensata per i collezionisti
- I lettori digiuni della serie a fumetti potrebbero trovarsi spaesati
- Un finale forse troppo affrettato che spezza l'equilibrio narrativo tenuto per tutto il romanzo
- Le 280 pagine che volano via troppo velocemente...!