Date la possibilità a un giapponese di descrivere un road trip e lo troverete pieno di cani caffeinomani, pagliacci assassini e bagni pubblici: redivivo JoJo!
Joseph Joestar, eroe di Battle Tendency, ci è andato con la mano pesante per poter risolvere il problema dei vampiri che flagellava la Svizzera e il mondo intero. Passando da un primo (brevissimo) approccio pacifista, muovendosi verso le strategie belliche di Sun Tzu e finendo in scontri epici combattuti tra antiche rovine romane, JoJo è riuscito a eradicare i nemici che nessuno era mai stato in grado di contrastare. Il fumetto, dopo avere risolto alla base la vicenda, lascia poco spazio a ulteriori evoluzioni e, a scanso di colpi di scena forzati e ripetitivi (Naruto, sto guardando te!), non avrebbe vie di uscita per procrastinare la sua estinzione. Il suo autore, Hiroiko Araki, era consapevole di tali limiti, ma si divertiva troppo per potersi arginare ed era ormai lanciato con le carismatiche personalità della famiglia Joestar. Il dilemma che si trovava ad affrontare era evidente: dilungare ulteriormente la saga avrebbe svilito il suo mondo ma, nel creare un nuovo manga sarebbe finito di fatto a usare gli stessi personaggi forzati in un contesto diverso. All’eccentrico artista era chiaro solo il desiderio di voler richiamare dal mondo dei morti il sadico Dio Brando – evidente tributo ai classici film di Dracula della Hammer – e voler rivedere l’Hamon (l’energia mistica e vitale usata per contrastare i non-morti nelle prime due parti della serie) in modo che potesse manifestarsi in maniera più grafica, concretizzandosi in grossi pugni con cui picchiare la gente.
Trovò il pretesto per giustificare i suoi feticci all’editore facendo leva sulla religione shintoista, strutturando una trama influenzata dal noto romanzo di Jules Verne “Il giro del mondo in 80 giorni” e aggiungendo peculiarità classiche dei giochi in scatola. Con una premessa tanto confusa e criptica nessuno all’interno della rivista di riferimento fu davvero in grado di capire cosa gli frullasse per la testa e, tralasciando un unico esaltato entusiasta – che da quel giorno, probabilmente, non fu più invitato ai picnic aziendali – tutti nutrivano seri dubbi sulle idee a loro sottoposte… poi si ricordarono che quel mangaka gli disegnava fumetti che portavano un sacco di soldoni e, con una vistosa scrollata di spalle, gli diedero carta bianca per dare vita a Stardust Crusaders. A questo punto dovrei introdurre un briciolo della trama, ma prima è essenziale fare luce su di un altro argomento; è necessario parlare delle modifiche sostanziali subite dalla narrazione. Fate attenzione perché quello che sto per scrivere potrebbe decidere il destino di come vi rapporterete con la serie.
Con la terza parte della sua opera, Araki riesce a riservarsi ulteriore libertà creativa, abbandonando definitivamente le trame sopra le righe nelle quali il protagonista deve salvare l’intero pianeta, ridimensionando grandemente la minaccia dell’invasione vampiresca (ormai neppure presa in considerazione) e di conseguenza rendendo desueta l’energia concentrica che veniva utilizzata per contrastarla. Scomodando il proprio background culturale e religioso, il fumettista ci propone quelli che definisce con il nome di fantasmi dell’hamon o, più comunemente, Stand: emanazioni spiritiche che assumono forme tangibili per prendersi a pugni o manifestare poteri unici che favoriscano il loro padrone. Uno stand null’altro è che un riflesso dello spirito e della determinazione del suo portatore, portatore a cui è legato indissolubilmente in un rapporto simbiotico per il quale i danni subiti dall’uno si riflettono sull’altro; per questo stesso motivo gli spiriti, mossi da servilismo o istinto di preservazione, cercano di salvaguardare il proprio evocatore concedendogli assistenza, garantendogli capacità speciali affini ai suoi schemi mentali e orbitandogli attorno (da cui il nome come diminutivo di “standing by”). Questa esposizione è ovviamente ipersemplificata, ma sufficiente da rendere digeribile un argomento che si allarga come muffa nel mondo delle Bizzarre avventure di JoJo divenendo, con l’avanzare delle serie, vero punto di interesse per gli appassionati. Se vi sentite intimoriti da queste farneticazioni intricate, non vi scoraggiate! L’autore, temendo che la scelta di abbandonare l’hamon non fosse percepita positivamente, ha incluso nel fumetto delle schede ricapitolanti poteri e potenzialità degli stand di più alto profilo, rendendo più accessibile il tutto.
A cavallo tra gli anni ’80 e ’90 il mondo si stava raffinando e i gusti dei lettori nipponici stavano cambiando velocemente: sempre meno interessati ai mondi distopici o esotici, i giapponesi sentivano la necessità di fortificare la propria identità andando a cercare protagonisti nati nella terra del Sol Levante. Desideroso di allontanarsi dalle vicende fino ad allora narrate e assecondando le sentite implorazioni dei suoi editori, Araki ci propone un ennesimo salto generazionale e introduce in scena Kujo Jotaro (abbreviabile come JoJo, ma solitamente chiamato per nome proprio), un diciassettenne giapponese alto quasi 2 metri, con occhi glaciali e sopracciglia folte, caratterizzato da un carattere burbero e dalla fissazione di indossare perennemente il suo gakuran (la divisa scolastica). Il ragazzo, finito in prigione per avere massacrato di botte un gruppo di sventurati teppisti, si rifiuta di lasciare la cella perché convinto di essere posseduto da uno spirito malevolo e, quindi, di essere un pericolo per le persone che gli sono vicine. La madre Holly, allarmata dall’avere un figlio adolescente che afferma di essere controllato da un ectoplasma, convoca l’unica figura paterna in grado di accattivarsi la sua fiducia e illuminarlo sulla situazione: il nonno Joseph Joestar.
Ebbene si, il casato Joestar è ufficialmente estinto, ma lo spirito dei Joestar si tramanda attraverso il sangue e si manifesta attraverso una voglia a forma di stella che copre la spalla sinistra. Il canuto Joseph, grazie anche al sostegno intellettivo dell’egiziano Abdul, riesce a stimolare lo stand del nipote al punto da stuzzicarne la curiosità e persuaderlo ad abbandonare la galera (dopo averla mezza distrutta e quasi ridotta in cenere) per potergli illustrare i fatti: il perfido vampiro di Phantom Blood, Dio Brando, è sopravvissuto parassitando il corpo del suo originario avversario, Jonathan Joestar, che cerca ancora di contrastarlo risvegliando nei suoi discendenti dei poteri che li fortifichino. Jotaro scopre quindi che mentre lui e il nonno hanno ottenuto nuovi strabilianti poteri, alla docile madre è toccato un destino peggiore; troppo delicata per gestire un potere tanto aggressivo, la povera signora Holly Kujo si ritrova in una condizione di crescente agonia che la condurrà a morte certa nel giro di poche settimane. Questo escamotage è evidentemente un topos narrativo che potrebbe essere sostituito con qualsiasi surrogato – tipo una freccia dorata che uccide la sua vittima entro 12 ore – ma tanto basta per giustificare il desiderio di imbarcarsi in un’avventura che li porterà all’assalto del nascondiglio del britannico non-morto. Dal canto suo, Dio cerca di guadagnare tempo e, rimanendosene al sicuro dall’altra parte del mondo, sguinzaglia loro contro maree di scagnozzi flagellati da un’incapacità cronica nel collaborare e i cui poteri sono collegati agli arcani maggiori dei tarocchi. Ovviamente il viaggio non risulta privo di insidie e la strada che si sarebbe potuta compiere con un volo di poche ore si trasforma in un percorso tortuoso disseminato di pericoli che metteranno alla prova gli eroi, portandoli a conoscere nuovi alleati, facendoli maturare con esperienze significative e creando una perfetta alchimia tra le varie personalità dei partecipanti alla spedizione.
L’introduzione degli stand, causa di tanti timori in coloro che finanziavano l’opera, si è rivelata una scommessa vincente che è stata in grado di accattivarsi un pubblico vasto al di sopra di ogni aspettativa. Gli statunitensi, che avevano snobbato i capitoli redatti in passato, hanno deciso di interessarsi proprio a Stardust Crusaders e, a oggi, è ancora l’unica parte delle Bizzarre Avventure a essere pubblicata sul suolo americano. Le avventure di Jotaro si fregiano anche di essere le prime ad essersi prestate a una conversione cartoonesca, facendo uscire nel 1993 un anime che andasse a narrare gli scontri svolti nella parte finale del manga al quale, nel 2001, venne integrato un prequel che spiegasse il viaggio dal Giappone e alcuni retroscena utili per rendere fruibile l’opera anche ai neofiti. Altro primato si riscontra nell’universo videoludico, nel quale si introduce con un oscuro gioco di ruolo per Super Famicon (console conosciuta in Occidente come Super Nintendo), seguito nel 1998 da un picchiaduro firmato Capcom che, nonostante il suo essere tardivo rispetto all’uscita dell’opera, ha riscattato un forte successo anche grazie al solido sistema di controllo che lo rende ancora oggi un titolo ideale per competizioni e tornei. Anche le citazioni non si sprecano! Air Gear, Blue Dragon, Shaman King, Shin Megami Tensei: Persona, Gintama, Puni Puni Poemy, One Piece ma anche la Marvel con Hulk e il telefilm americano Heroes sfoggiano citazioni al limite del plagio per rendere onore al mangaka che ha rivoluzionato il mondo del fumetto giapponese.
Nel disegno, Hirohiko Araki evolve ulteriormente con Stardust Crusaders, optano per uno stile sempre più leggero e pulito. Sebbene i personaggi siano ancora muscolosi e minacciosi come Christian Bale durante una riunione di famiglia, risultano indubbiamente più slanciati grazie a ombreggiature accennate complementari a retini ben giostrati, lasciando spazio a dettagli che un tempo si sarebbero persi sotto invadenti chiazze di inchiostro atte a concedere un’atmosfera cupa e horror. Con l’introduzione del suddetto capitolo, viene anche dato il via alla formale suddivisione in “parti” delle Bizzarre Avventure di JoJo, fino ad allora considerata superflua, ponendo l’intera opera nella chiave di lettura di una strutturata e solida trilogia che introduce e termina lo scontro tra gli alti valori dei Joestar e il vile sadismo dei Brando. Hirohiko, tuttavia, non aveva finito di dire la sua e, a passo sicuro, è andato avanti seguendo i suoi interessi (culturali ed economici) dando vita al capitolo tutto giapponese di Diamond is Unbreakable.
– Walter Ferri –