Come avrete appreso dalla precedente recensione della raccolta Per Altri Sentieri, edita da Runa Editrice, Angela Di Bartolo ha realizzato un’opera particolarmente riuscita che mescola appieno tematiche struggenti, riflessive e fantasiose:
Gentilissima Angela, ti diamo il benvenuto sulle sponde di Isola Illyon che, pur non essendo la landa di Circe, offre delizie e piaceri, perdizione e vanto: siamo lieti di accoglierti all’ombra di palme che preservino dalla calura e di dissetarti con nettare di ambrosia! Ti lasciamo qualche istante per metterti a tuo agio!
Grazie dell’ospitalità. E’ fresca la vostra tenda, odorosa di mirra e di spezie. Morbidi sono i tappeti, soffici i cuscini: sono pronta, partiamo!
Sei riuscita a descrivere la nostra tenda meglio ancora di quanto noi la immaginiamo. Perfetto, partiamo!
In principio era il Verbo e… no, così è troppo. Vogliamo parlare delle tue origini e dei tuoi interessi? Personalmente ho sondato la rete ma non sono riuscito a scoprire molte informazioni su di te, al di là del tuo curriculum letterario e del correlato palmarés: sei forse una persona riservata?
Sì, sono piuttosto riservata e non amo molto parlare di me stessa. La mia biografia in due parole: maturità classica, una laurea in scienze politiche, un lavoro di assistente sociale presso il mio Comune.
Amo la natura, la campagna, gli animali, e poi l’archeologia e la storia, in particolare quella romana. E naturalmente i libri: leggo di tutto, ma prediligo il fantasy e il romanzo storico. I miei autori preferiti, quelli più importanti per la mia formazione di autrice, sono Tolkien e Primo Levi: il primo per il fascino assoluto che esercita su di me il suo mondo, il secondo per lo stile rigoroso e sobrio, conciso ed espressivo al massimo. Ciò che ricerco nei libri, di qualsiasi genere, è uno stile pulito e senza fronzoli, una trama solida e senza “buchi”, personaggi credibili e vivi.
Che è ciò che fondamentalmente tutti noi lettori preghiamo di trovare sempre in un buon libro. Proseguiamo.
Il “RiLL- Raggi di Luce Lunare” è un prestigioso concorso letterario che ogni anno attrae numerosi scrittori e poeti (o aspiranti tali) che inondano questa competizione con sogni, speranze e, dal punto di vista letterario, il proprio animo e la propria fantasia, infilzando tutte queste cose con la penna , su carta. Per te cosa ha rappresentato e come ricordi questa esperienza?
La ricordo con emozione e gratitudine. La prima volta che ho partecipato, l’ho fatto un po’ per gioco, per mettermi alla prova. Sapevo che al Trofeo RiLL concorrono ogni anno più di duecento racconti, non pensavo davvero di arrivare terza! Ma avevo in mente un’idea che mi intrigava e così mi son detta: perché no? L’esperienza del RiLL ha rappresentato molto per me, sia come conferma delle mie capacità e stimolo a continuare, sia come occasione di confronto con altri autori e con il pubblico. Gli amici di RiLL, tra l’altro, sono molto attivi nella promozione dei loro autori, e devo soprattutto a loro se il mio nome ha cominciato a circolare un po’ nell’ambiente.
Partiamo proprio dalle tue esperienze presso il “RiLL”, al quale io stesso ho partecipato diversi anni fa ed i cui amici, tra cui lo stesso Alberto Panicucci, colgo l’occasione di salutare: “Nostos”, “Relitti”, “Ponti”. Tre racconti su dieci sottoposti all’attenzione del pubblico del RiLL, tre racconti che sono entrati a pieno titolo nella tua antologia. Ti aspettavi di veder raccolti questi racconti in una antologia tutta tua, un giorno?
No, decisamente! Ho scritto questi racconti “alla spicciolata” nel giro di alcuni anni, per partecipare a concorsi o a selezioni e per distrarmi un po’ dal lavoro che stavo portando avanti da tempo (un lungo romanzo di cui poi dirò). Solo di recente, guardando la lista dei racconti nella cartella del mio pc, mi sono resa conto di avere fra le mani sufficiente materiale per una raccolta. E qui devo ringraziare il mio editore Fabio Pinton di Runa Editrice, per aver apprezzato i miei testi e avere deciso di pubblicarli, nonostante il mercato sia particolarmente “difficile” per i racconti.
Nei succitati racconti (“Nostos”, “Relitti”, “Ponti”, ma potremmo dire che ciò vale per tutti quelli contenuti all’interno della raccolta “Per Altri Sentieri”) ci sono alcuni elementi comuni, più o meno evidenti a seconda della sensibilità e della predisposizione d’animo del lettore. Si trattava di una scelta consapevole fin da allora oppure il filo comune a questi racconti è dato proprio dalla tua persona, dalle emozioni e sentimenti che ti appartengono e definiscono al meglio?
Non si è trattato di una scelta consapevole. Il tema del tempo, che mi affascina in modo particolare, quelli della nostalgia, del rimpianto, del desiderio sono caratteristici della mia scrittura e del mio modo di essere. Ti dirò che dopo i primi due o tre racconti che avevo scritto, mi disturbavano un po’ questi elementi comuni, come se non fossi stata in grado di introdurre temi diversi. Solo in seguito mi sono resa conto che erano proprio questi elementi a legare i racconti rendendoli coerenti l’uno con l‘altro, come parti di un unico discorso, aspetti diversi di una stessa realtà. Un po’ come un puzzle che si componeva pian piano, rendendosi comprensibile man mano che veniva completato.
Pur senza voler rivelare nulla che possa minare il piacere della lettura e della scoperta delle vicende narrate in “Nostos” e in “Relitti”, credi ci possa essere qualche particolare che tu possa rivelarci inerente questi racconti o l’idea da cui sono scaturiti?
Sia “Nostos” che “Relitti” sono stati scritti per il concorso SFIDA, riservato dall’associazione RiLL a tutti i finalisti del Trofeo RiLL. Si trattava di un concorso a tema che assegnava cinque elementi (una parola, una frase, un oggetto…) da usare nel racconto, un po’ come cinque ingredienti da assemblare in una ricetta originale. Sono stati questi “ingredienti” a fare scoccare in me la scintilla. Come poi io sia arrivata, da elementi disparati e casuali a tirar fuori un racconto coerente, questo è un mistero da attribuire all’ispirazione del momento…
Visti i risultati, è un felice mistero. Parliamo ora di “Il Sentiero dei Draghi”, concorso nel quale hai presentato “Ottobre”, il mio racconto preferito (oh, una persona ha diritto di avere delle preferenze!): cosa puoi raccontarci di questa esperienza e come ti è balenata l’idea per il racconto, così suggestivo e ben contestualizzato?
“Ottobre” è stato il primo racconto che ho scritto, e il fatto di essere arrivata seconda al concorso è stato un toccasana per la mia scarsa autostima (ho appeso in camera mia il relativo attestato, cosa che non ho fatto per il diploma di laurea…). Ho ricevuto il premio dalle mani di Valerio Evangelisti, e naturalmente mi son fatta fare un autografo!
L’idea per il racconto è nata da una mia visita a Pompei: due ore in tutto, ma indelebili nella mia memoria. Un susseguirsi di emozioni che nel racconto ho cercato di esprimere per un bisogno mio, più ancora che per il lettore, per poter ritrovare, leggendo, le stesse sensazioni di allora.
“Ottobre” è però anche frutto di studio, oltre che di emozione: ho riguardato le foto, ho controllato le mappe della città, ho studiato le varie fasi dell’eruzione e i loro effetti sugli edifici e sugli abitanti, una full immersion insomma, per visualizzare mentalmente i luoghi e avere ben chiaro ciò che volevo descrivere.
È un procedimento che uso sempre, quando scrivo: devo conoscere bene il mio mondo, la mia storia, i miei personaggi per poterli descrivere con efficacia. Ho bisogno, in sostanza, di “vedere” la mia storia come se fosse un film: solo allora riesco a narrare con fluidità e con gioia. Tutto ciò mi richiede tempo e studio, l’acquisizione di una mole di dati che naturalmente traspaiono solo in minima parte nel testo, ma che sono importanti per dare solidità e concretezza al racconto. Devo comunque dire che questo lavoro di documentazione, che spesso e volentieri è un lavoraccio, è anche molto gratificante.
Non tutti gli scrittori sono così coscienziosi da darsi un giusto background culturale prima di affrontare la storia vera e propria, quindi massimo apprezzamento da parte mia. Parlando con il tuo “io di scrittrice”, quale pensi sia il messaggio che hai maggiormente in animo di trasmettere e comunicare ai lettori attraverso la tua opera?
Non credo di avere un “messaggio”. Semplicemente, invento storie e le racconto, per il mio piacere e, spero, per quello dei lettori, anche se è inevitabile che in queste storie entri qualcosa di me, dei miei valori, del mio modo di vedere il mondo. Direi che i temi più frequenti siano la forza dell’amore, il rifiuto dell’ingiustizia e dell’intolleranza, l’attaccamento alle proprie radici, la ricerca della bellezza. E anche un senso drammatico della vita, la colpa e la ricerca di redenzione, la responsabilità personale di fronte alle scelte dell’esistenza.
Nei tuoi racconti ho riscontrato un certo gusto letterario, un modus scribendi elegante ed immediato: credi questo potrebbe essere un biglietto da visita per attirare un certo tipo di lettori o, al contrario, può rischiare di limitare la diffusione della tua opera?
Non mi sono mai posta il problema di “attirare” un certo tipo di pubblico. Scrivo come so scrivere e come mi piace farlo. Amo lo stile sobrio, preciso, espressivo e musicale. È un modo di scrivere forse un po’ “colto”, ma è il mio modo, quello che prediligo anche come lettrice. Non so se questo limiti la diffusione della mia opera. Credo comunque che non esista “il lettore”, ma piuttosto “i lettori”, con gusti molteplici e bisogni diversi. Penso quindi che ci sia spazio per tutti.
Puoi rivelarci in anteprima per Isola Illyon quali siano i tuoi progetti per il futuro?
Nel prossimo futuro c’è un lungo romanzo, La stagione del ritorno, un fantasy epico che verrà pubblicato nei prossimi mesi ancora da Runa Editrice.
È un progetto cui ho dedicato anni di lavoro e a cui tengo molto, e che spero piacerà ai lettori appassionati di un fantasy “adulto”, che metta particolarmente in rilievo la psicologia dei personaggi, gli interrogativi etici e i conflitti interiori.
Sto poi lavorando su un altro romanzo di genere storico-fantastico, ambientato nell’antica Roma.
Chiudiamo con la tua visione della vita: credi più nel in Dio, nel Fato oppure in una sorta di casualità cosmica che governa le azioni dell’uomo?
Credo in Dio. Credo in una Provvidenza che interviene nella storia dell’uomo e con la quale l’uomo ha il compito di collaborare, nella solidarietà con gli altri, per il bene comune. Credo nella responsabilità personale e in una fondamentale libertà di scelta, pur tra tanti condizionamenti: quella di agire con onestà, di fare qualcosa, per quanto piccola, per rendere il mondo un posto un po’ migliore.
Ringraziamo sentitamente Angela Di Bartolo per l’intervista e la Runa Editrice per averci sottoposto l’opera.
– Leo d’Amato –