Sarà che siamo a Natale, e si è tutti più buoni. No, alt… è da poco passata Pasqua.
Riproviamo.
Sarà che ho fatto qualche buona azione di recente, ma non mi pare di ricordarla.
Mmmm. No, proviamo ancora.
Sarà semplicemente il mio periodo fortunato, a questo punto?
Può essere.
Sia come sia, sono lieto che per la seconda volta di fila venga sottoposta alla mia attenzione un’opera letteraria che, come altre volte, debbo leggere e recensire (e, solitamente, demolire, grazie alla scelta della mia adorata Redazione di Isola Illyon) e che questa sia di notevole spessore, caratura, livello: rischio di abituarmi male, mannaggia.
Così, dopo avervi accompagnati per lidi fantasy attraverso il mondo dipinto dalla sapiente penna di Laura Safino con il suo I Cinque Doni – La Chiamata, eccomi invece ad emozionarmi per un’opera assai differente, che per me ha un particolare profumo di nostalgia (ma di questo accennerò tra poco), che si deve alla bravura di Angela Di Bartolo.
Introduzione
“Per Altri Sentieri” è sostanzialmente la raccolta di dieci racconti, alcuni dei quali già pubblicati da parte della scrittrice Angela Di Bartolo, tra cui quattro hanno ricevuto diversi, importanti riconoscimenti: parliamo di “Nostos” (premiato sia dall’Associazione Culturale RiLL- Riflessi di luce lunare, che ogni anno organizza importanti eventi letterari, sia insignito del Premio Speciale “Lucca Comics & Games”), di “Relitti” (anche questo premiato dal RiLL) nonchè “Ponti” (terzo classificato nella XV edizione del predetto RiLL) e “Ottobre” (secondo classificato al Premio Letterario Il Sentiero dei Draghi); quest’ultimo è di certo il preferito di chi vi scrive, tra tutti e dieci i racconti che l’opera annovera.
Tra gli elementi che li accomunano troviamo senza dubbio l’aspetto del tempo (tanto in senso fisico che metaforico), il desiderio, a tratti l’amarezza e il rimpianto (e l’amarezza DEL rimpianto) nonché la ricerca (di sé stessi, del proprio io, di un ricongiungimento) e, a mio giudizio, l’ineluttabilità dell’uomo di fronte a situazioni contingenti, che siano decise dal Fato, da Dio o da una casualità cosmica di fronte alla quale si è un pugno di polvere: quanto sono grandi le emozioni che i protagonisti mostrano e quanto sono vere, realmente trasmesse da una sapiente quanto abile tecnica narrativa della scrittrice, che riesce a utilizzare tanto l’aulicità della sintassi, quando il racconto lo richiede, onde calarci al meglio nei contesti storico o mitico presentati (ne sono un chiaro esempio i primi due racconti, Nostos e Relitti, neanche a farlo apposta), ora “soltanto” (si fa per dire) uno stile più morbido, ma comunque elegante, senza mai, in nessun caso, alterarne l’immediatezza della fruizione.
Ho accennato al connotato di nostalgia insito nell’opera, specie da me avvertita: il perché è presto detto, molti anni fa io stesso ho partecipato ad una edizione del RiLL, cosa che mi dette di certo una maggiore consapevolezza delle mie possibilità e che mi spinse a propormi in giro e cimentarmi con varie realtà che avessero però sempre come minimo comun denominatore la possibilità di occuparmi di fantastico e fantasy; ma, e questo è forse ancora più importante, l’opera trasuda un che di storico e di componente epica tanto latina quanto greca, che soddisfa non poco la mia propensione per gli studi classici, proponendosi quasi come una raccolta d’autore con la “a” maiuscola: e c’è molta conoscenza, molta cultura e molto studio dietro i racconti della Di Bartolo, perché non basta l’uso di certi termini, la descrizione di una strada di Pompei e delle abitudini dei suoi abitanti (nel racconto Ottobre) fino al giorno della storica eruzione pliniana del Vesuvio nel 79 d.C. oppure una visionarietà particolare come quella mostrata in Ponti e le suggestive descrizioni di Roma a cavallo tra un’epoca e un’altra; o ancora, nello struggente Riflessi, in cui rivive dopo secoli, come una visione tentatrice al pari delle Sirene, una Venezia oramai dimenticata persino dai racconti e dalle leggende degli uomini, che vivono in un futuro assai lontano.
E’ palese che la scrittrice padroneggi davvero la materia e la senta come propria, tessendo delicati arazzi visivi ed emotivi che scorrono soavi tra le dita, riuscendo tuttavia a non essere mai autocelebrativa, ma sempre immediata e assai visiva, non appesantendo mai la lettura ed anzi invogliando il lettore – quello che, per lo meno, abbia un minimo di gusto letterario – a scoprire quali altre meraviglie, rivelazioni e, in gergo cinematografico, twist-ending con frequenti rovesciamenti di prospettiva abbia in serbo per il lettore.
I personaggi presenti nell’opera sono davvero umani e umanizzati, ben caratterizzati e resi psicologicamente credibili, cosa che, unita alla peculiarità delle vicende che li riguardano, rende facile empatizzare con le loro storie e soventi difficoltà: è particolarmente apprezzabile una rivisitazione di Ulisse Re di Itaca, presentato in Nostos, che si accinge a superare le Colonne d’Ercole, variando sensibilmente l’episodio già narrato da Dante nel suo Inferno (canto XXVI) e che funge da omaggio in grado di sorprendere ed al contempo calare già il lettore in quella che è l’atmosfera che i racconti tendono a narrare; gli altri protagonisti, che siano appartenenti ad un futuro distopico o ad un presente contemporaneo, si comportano e parlano nel modo coerente che sarebbe lecito aspettarsi da persone di quella realtà ed epoca.
Conclusioni e Giudizio finale
“Per altri sentieri” contiene senza dubbio quei semi di schiettezza, genialità, immediatezza che si respirano in opere (di genere assai differente, ma che comunque mostrano taluni tratti comuni), come quelle di Philip K. Dick e di H. P. Lovecraft, mostrando anche una certa affinità con l’opera di Robert Harris, Pompei: la stessa cura per la componente storica (ove prevista dal racconto), la stessa dimestichezza e padronanza nei termini impiegati, la stessa capacità di giocare con il lettore.
Si tratta, come più volte accennato, di un insieme di racconti brevi, accomunati da alcune tematiche e cliché che arricchiscono l’esperienza di chi fruisce dell’opera e donano un canone unico ed un sapore tutto particolare all’antologia.
Il libro, consultabile in anteprima sul sito Runa Editrice (cliccate qui, pigroni), si presenta nell’edizione cartacea in una versione elegante e robusta, con una bella copertina brossurata. A mio modestissimo, disinteressato giudizio (anzi, perché? Interessato, se un’opera merita, merita), questa antologia vale appieno il suo prezzo, e per le sue peculiarità tanto linguistiche che di intreccio che di originalità, merita appieno di far parte della vostra biblioteca.
Non si può che raccomandarne l’acquisto.
Ora, dato che la scrittrice non è estranea ad aforismi e citazioni (una, riportata in calce al racconto “Perduto”, è di O. Wilde) vorrei io stesso farne una, che mi è particolarmente cara, di J. Renard: “Quando penso a tutti i libri che mi restano da leggere, ho la certezza d’essere ancora felice“; e dopo aver letto questa raccolta di racconti, ne sono più che mai persuaso.
– Leo d’Amato –