Una settimana fa abbiamo recensito il riuscitissimo romanzo fantasy, I Cinque Doni-La Chiamata: oggi intervistiamo l’autrice!
Dopo la recensione che ha ottenuto un grande consenso di pubblico e un seguito interessante di commenti pubblici e privati, sono con Laura Safino, la giovane ed assai promettente scrittrice esordiente, che ci parlerà della sua esperienza e del non trascurabile merito di rilanciare il fantasy classico in Italia.
Ciao, Laura, e ben approdata sulle candide spiagge costellate di gemme preziose che è Isola Illyon!
Il mio secondo posto preferito dopo Avalon!
Partiamo in modo originale, nuovo, che mai si è letto in una intervista prima d’ora: parlaci un po’ di te: chi è Laura Safino quale persona e non scrittrice? Quali i tuoi interessi, a parte la lettura?
Da dove cominciare? Sono laureata in Biologia ma dopo aver conseguito anche un dottorato non sono riuscita a trovare un lavoro stabile come biologa e mi sono iscritta a Infermieristica, che finirò tra un anno e mezzo: spero di poter partire all’estero in cerca di lavoro. Ho molti hobbies ma credo che quello che mi appassiona di più, oltre scrivere, sia fare grafica, principalmente per siti web ma anche per altro: il sito web de I Cinque Doni è stato fatto da me, così come il video trailer e tutto il materiale promozionale che si vede in giro. Mi piace molto la musica in particolare seguo molto la violinista Lindsey Stirling e mi occupo di diverse pagine a lei dedicate. Parlo inglese e francese e questo mi permette di avere amici in tutto il mondo. Mi piacciono da morire thè, tisane e infusi e adoro la cucina giapponese!
Volendo continuare a fare gli originali in tutto e per tutto, che ne dici di approfondire anche il tuo curriculum letterario, ossia i romanzi e gli autori che ritieni ti abbiano “formata”, sia trasmettendoti la passione di scrivere, sia segnandoti profondamente?
Il primo romanzo fantasy che io abbia mai letto è stato “La Storia Infinita” di Michael Ende, che mi ero fatta comprare perché avevo visto il film ma volevo sapere come proseguiva la storia, avevo circa 9-10 anni. Ma l’amore vero e proprio per il fantasy e per la lettura è nato con “Le Nebbie di Avalon” di Marion Zimmer Bradley e Le cronache di Dragonlance di Weis e Hickman. Ancora adesso, dopo molti anni e dopo molti libri, non sono riuscita a trovare autori che mi appassionino come questi, che sappiano costruire storie tanto belle da trasportarti nel loro mondo e farti desiderare di non uscirne mai più e personaggi talmente vivi ed umani da farti innamorare di loro per sempre, come persone realmente conosciute. Dopo ho letto un po’ di tutto, ho adorato in particolare Lovecraft per la sua capacità di costruire la suspance e trasmettere un vero terrore in chi legge le sue opere. Ma i maestri del fantasy sono stati i miei insegnanti, per questo quando ho iniziato a scrivere, pur avendo diverse idee per diversi generi di romanzi, ho voluto iniziare con un fantasy.
Arriviamo così a parlare de “I Cinque Doni – La Chiamata”. Ritieni di poter rintracciare alcune contaminazioni che ti hanno maggiormente ispirata o che ti hanno regalato una visione di eventi o personaggi che hai voluto assolutamente inserire o omaggiare nel tuo primo romanzo?
È difficile non subire influenze e “contaminazioni” quando si scrive, soprattutto se si costruisce un mondo immaginario dove quello che viene descritto deve essere originale e fantasioso ma nello stesso tempo non deve essere troppo assurdo e chi legge deve in qualche modo ritrovare degli elementi che conosce. Quando scelgo un nuovo libro da leggere ci sono dei clichè che vado a cercare perché altrimenti mi sento un po’ come un pesce fuor d’acqua, ma nello stesso tempo cerco anche l’originalità e detesto le “scopiazzature”.
Nel mio romanzo ho cercato di mettermi nei panni di chi legge e fare un po’ attenzione a queste cose. Una cosa che sicuramente devo a Weis e Hickman è il fatto che ciascuno dei loro personaggi, anche se marginale, anche se comprimario, era ben delineato ed era possibile innamorarsene o affezionarcisi. Volevo la stessa cosa per i miei personaggi e finora i lettori dicono che è così. Credo però che le mie influenze siano state soprattutto quelle degli eventi reali della mia vita: persone incontrate, esperienze vissute, dolori e gioie che hanno preso corpo in un mondo inventato dove non dovevo rendere conto a nessuno e dove tutto fosse possibile in modo che si potesse esplorare ogni vicenda, ogni personaggio, ogni anfratto dell’anima senza avere limitazioni. I Cinque Doni è ambientato in un mondo inventato ma i personaggi sono reali, sono persone che hanno affrontato e ancora affrontano la vita e che cercano una speranza al di là di tutto.
L’ambientazione che hai delineato nel tuo romanzo è al contempo netta, ben strutturata e descritta, inserita in modo credibile in modo tale che i personaggi si muovano al suo interno con naturalezza; ed è al contempo fumosa, eterea, dato che non fornisci un grande spaccato storico e geografico del mondo in cui si svolgono le avventure. Hai intenzione di implementare con i prossimi racconti una più approfondita descrizione di questi aspetti?
Una delle prime cose che i miei amici, che leggevano le prime pagine del romanzo man mano che lo scrivevo, mi dicevano era: “non svelare tutto subito, fai in modo che il lettore pian piano scopra e che si incuriosisca” e io l’ho trovato un ottimo consiglio. Del resto a me personalmente non piacciono molto le lunghe descrizioni dettagliate che risultano pesanti e anche un po’ ridondanti certe volte. Preferisco che il lettore si faccia una propria immagine delle cose e che, come Leda e i suoi amici che si spostano nel loro viaggio, scopra cose nuove man mano, nuovi popoli, nuove usanze, nuove tradizioni… tutte cose che ci sono e sono state concepite e studiate dall’inizio ma che ho deciso di svelare pian piano, come nelle mappe dei videogiochi alla “Age of Empires” che si scoprono con l’esplorazione del territorio da parte del giocatore. Anche la mia mappa del resto è così: è stata fatta completa, descrivendo tutta la Creazione, ma nel primo volume si può vedere solo la zona geografica dove si svolgono le vicende del romanzo, negli altri volumi (a cui sto lavorando) si svelerà anche il resto.
I personaggi che hai descritto, risultano ben tratteggiati e caratterizzati con cura: ciascuno con una storia abbastanza solida, ciascuno con un passato particolare e ciascuno di essi con obbiettivi e speranze a breve e lungo termine. Ritieni sia una affermazione corretta?
Come ho detto anche prima, la cosa che più amo nei romanzi che leggo è trovare dei personaggi ben delineati e approfonditi anche se non si tratta dei protagonisti. I miei personaggi hanno storie molto diverse ma tutti rappresentano delle esperienze in cui molte persone possono rivedersi, esperienze che segnano profondamente la vita e da cui si cerca una via d’uscita, una soluzione: un amore non corrisposto, un abbandono, una perdita della speranza davanti ad un dolore vissuto… sono cose in cui, indipendentemente dall’ambientazione, ciascuno può ritrovarsi e per questo sono stata molto felice di sentire da parte di lettori non amanti del fantasy che comunque si sono sentiti toccati dalla storia e coinvolti in essa. Quello che unisce tutti questi personaggi è la scelta di accettare o meno di essere definiti dai rapporti che vivono. Noi tutti siamo definiti dai rapporti di amore o di odio che viviamo, anche se vogliamo illuderci di bastare a noi stessi. Ma nel momento in cui li accettiamo vediamo la nostra vita crescere, accettiamo il cambiamento e possiamo trovare una soluzione alle nostre esperienze dolorose e alla nostra fatica, se invece ci ostiniamo a voler bastare a noi stessi… beh il risultato ditemi voi qual è, io personalmente credo che i miei rapporti mi abbiano fatto diventare quello che sono. Per i miei personaggi succede la stessa cosa.
Sempre parlando del carattere dei personaggi, a differenza di quanto detto più in alto, Leda sembra essere la classica “persona semplice”, che non si prefigge un obbiettivo specifico, ma di fare della propria vita, vissuta degnamente, l’obbiettivo migliore. Cosa ne pensi?
Leda rappresenta quello che ciascuno di noi, consciamente o inconsciamente vorrebbe essere, e mi piace molto sentire che le ragazze giovani che leggono il mio romanzo mi dicono poi “io sono come Leda!” anche se poi vedo che non lo sono, però lo desiderano, perché lei è una persona fondamentalmente libera. Non ha nessuna ansia di dover dimostrare di essere qualcosa che non è né a sé stessa né agli altri, ha la capacità di guardare le cose per quello che sono e di apprezzarne la positività, perciò ogni cosa per lei è nuova e bella e ha un valore che le persone intorno a lei non sanno riconoscere. Ma questo è proprio il suo compito e infatti attraverso l’amicizia con lei gli altri riescono a guardarsi e ad apprezzarsi per quello che sono, a smascherare le scuse che ogni giorno ciascuno di noi si dice per non accettare di essere limitato e fragile ma anche grande e pieno di talenti che non sa riconoscere. Leda è uno specchio in cui loro si vedono privi di ogni barriera o velo che la vita o la società o gli stereotipi hanno inculcato nelle loro menti e così riescono a scoprire veramente chi sono.
Per quanto sia noto che un autore tende a mettere un pezzetto di sé stesso in tutte le sue creature e creazioni, quale personaggio pensi ti rappresenterebbe meglio e perché?
In realtà non solo tendo a mettere un pezzo di me in tutte le mie creature, ma l’ho fatto proprio deliberatamente! Ciascuno di loro rappresenta un’esperienza di vita, come dicevo prima, e ciò che mi ha aiutato a superarla e a renderla fonte di saggezza e di apprendimento. Magari non così chiaramente, solo chi mi conosce davvero bene può capire quali aspetti di me ci sono in ogni personaggio, però la cosa che mi premeva di più era poter dire che da certe situazioni è possibile venire fuori, quando si è voluti bene, che è stata l’esperienza della mia vita finora.
Credi di poterci parlare per sommi capi di un personaggio che prediligi appieno, pur non riuscendo ad identificartici?
Il personaggio in cui non mi identifico molto è il cattivo della storia (non diciamo il nome per non svelare niente) e all’inizio quando pensavo a come avrei dovuto descriverlo mi dicevo “devi pensare a tutto quello che tu non sei e che non faresti”. Eppure, man mano che la storia andava avanti mi sono trovata ad apprezzarlo molto perché è un po’ il cardine della vicenda, in fondo sono sempre i cattivi a movimentare le cose, a combinare i guai che poi i buoni devono risolvere, quindi sono personaggi fondamentali. Non mi ci rivedo perché penso (e spero!) di non essere così cattiva ma c’è un aspetto che apprezzo di lui ed è la sua intelligenza, anche se nel suo caso viene usata in modo negativo, come un’arma, dimenticando che l’uomo non è fatto di sola intelligenza ma anche di cuore ed anima.
Un’ultima domanda: cosa diresti a chi sia ancora in dubbio circa l’acquisto del tuo libro? Perché una persona dovrebbe dare fiducia ad una scrittrice esordiente, ossia tu, tra tanti che scrivono di fantasy? Cosa ha in più I Cinque Doni- La Chiamata?
Ho letto fantasy per una vita intera ed ho giocato a D&D e quindi conosco bene il fantasy classico, i suoi cliché e le sue sfaccettature e devo dire che girando in libreria in questi anni mi sono accorta che mi mancava un vero fantasy classico, perché ultimamente si da molto spazio all’urban che io personalmente non amo particolarmente. Però I Cinque Doni non è solo un fantasy classico con le magie, le battaglie, gli intrighi, le armi, le creature particolari, insomma gli elementi classici del genere. Se dovessi dire cosa ha in più o di diverso rispetto agli altri io direi che ha il cuore, perché l’ambientazione, che è quella che ci affascina in un fantasy, non si regge da sola se non c’è dentro una storia che possa conquistare il cuore di chi la legge. Quando si racconta una storia ambientata nella nostra realtà è facile farla sembrare vera, ma quando si descrive un mondo immaginario e fantastico, per poterlo rendere credibile, perché il lettore ci si possa sentire trasportato come se ci vivesse, si deve, secondo me, far finta che lo scenario sia solo uno sfondo e che le vicende che si raccontano possano essere credibili e reali indipendentemente dal fatto che i protagonisti possano lanciare palle di fuoco o leggere nel pensiero. Ne I Cinque Doni c’è descritta la vita con le sue sfide, i personaggi sono persone qualunque al di là dei Doni che si ritrovano ad avere e che spesso fanno fatica ad accettare, non sono gli eroi senza macchia che non sbagliano mai e che dopo un po’ diventano noiosi, sono invece persone che soffrono e piangono ma anche che ridono e amano, che cadono e si rialzano e che si lasciano sostenere dalla loro amicizia. In fin dei conti sono esseri umani che tra le avventure e le sfide devono trovare ciò che li rende uomini e che da loro la speranza. Mi piacerebbe con questo romanzo poter portare i lettori a vivere con loro la stessa esperienza.
Ringraziamo quindi Laura Safino, augurandole buon lavoro ed un in bocca al lupo! Se volete altre informazioni su questo libro o volete acquistarne una copia visitate il sito web de I Cinque doni , fateci poi sapere il vostro parere, buona lettura!
– Leo d’Amato-