I Cinque Doni – La Chiamata è un avvincente romanzo fantasy, curato ed interessante, scritto da una giovane scrittrice italiana. E possiamo dirlo? Era ora!
A costo di togliere la suspance alla recensione che state per leggere, ci tengo a scrivere parole di gaudio e di apprezzamento: finalmente mi è capitato un libro fantasy scritto da una autrice esordiente che sia particolarmente curato, avvincente e, cosa più straordinaria, scritto BENE nell’italiano corrente, senza inutili virtuosismi che non siano strettamente necessari alla caratterizzazione di un personaggio o solo atti a dimostrare che si è letto Il Silmarillion; un libro fantasy che abbia una trama coerente, non difficilissima da seguire ma un intreccio curato alla stregua di libri più famosi e commerciali come quelli di R.A. Salvatore e del duo Weis & Hickman; un libro fantasy in cui la giovane autrice non cede alla tentazione, umana e comprensibile, di sparare subito tutte le sue cartucce fin dal primo romanzo, già mostrando tutti i colpi di scena e trovandosi, come alle volte accade, senza più idee con cui affrontare i romanzi successivi, per la serie: “ok, e adesso che cosa mi invento?”; un libro in cui si segue per davvero passo dopo passo la crescita del personaggio protagonista e dei comprimari – che, per inciso, appaiono parecchie volte nel romanzo – e non si scomodano eventi apocalittici fin da subito, nel senso che per quanto venga narrata una profezia importante, essa appare sullo sfondo delle vicende narrate che riguardano i personaggi: avete presente la sensazione provata quando leggevate delle storie di Raistlin, Caramon, e sullo sfondo si percepivano vicende molto più grandi di quelle cui i personaggi partecipavano? Ecco, più o meno accade la stessa cosa qui.
Un libro che, in soldoni, non induce la mia anima a suicidarsi. Metteteci la musica dell’Alleluja in sottofondo e rileggete il testo precedente. Fatto? Ok, adesso potete comprendere come io mi senta. Preciso: non sto ponendo sullo stesso piano i romanzi di Salvatore e del duo Weis & Hickman rispetto a quello presentato dall’esordiente Laura Safino, ma desidero che vi sia chiara la percezione che si offre al lettore dopo una trentina di pagine. Il fantasy, ultimamente, è precipitato in determinati clichè che lo hanno un poco (leggi: tanto) affossato, al punto che c’è da chiedersi quasi se non fosse meglio prima, quando il grande pubblico non sapeva nemmeno cosa fosse il romanzo de Il Signore degli Anelli, e i racconti fantasy che arrivavano in Italia erano una manciata, prima delle invasioni barbariche recenti: tempo addietro, scrissi, a proposito dei consigli per i giovani scrittori, che l’importante era non soltanto guardare ad altri generi, in modo che in un racconto confluissero anche elementi differenti (come l’horror, il noir, il sentimentale, l’avveniristico e così via), ma anche trovare il modo – e la forza – di innovare il genere pur restando su certi binari che facciano sentire il pubblico a proprio agio.
Innovare il genere, quindi, senza snaturarlo, sperimentare nuove strade pur muovendosi nel solco delle vecchie.
Ora, questo è esattamente il contenuto del romanzo che ho visionato (e, mi auguro, che avete tra le mani, o in caso contrario potete procurarvelo qui): un buon racconto fantasy, presentato con uno stile accattivante ma immediato, privo di strafalcioni o errori di ortografia e sintassi e con una trama solida ma che non richiede di entrare nella testa della scrittrice per immaginarsi (e capire) di che cosa stia parlando, dato che tutto ciò che serve viene fornito agli occhi del lettore (che può già gustare le belle illustrazioni di Jonathan Neimeister). Volete proprio sapere di che cosa parla per decidere se acquistarlo? Ok, ok, va bene. Oh, certo che sulla parola proprio non vi fidate, eh!
SINOSSI
Nel mondo di cui ci parla (a piccoli passi, guidandoci ad una scoperta progressiva al pari della protagonista) la scrittrice Laura Safino (la cui pagina Facebook trovate qui) esiste l’Unico, il Dio, il quale ha composto la Creazione assieme a I Cinque, suoi figli ideali, principi assimilabili ai Cori Angelici di cristiana memoria oppure ai Valar di Tolkien: i Cinque, perché come cinque le dita di una mano che può venir stretta per dare fiducia o chiusa per colpire, erano parte dell’Unico e così la Creazione stessa ne trasse beneficio; tuttavia, ad un certo punto, ciascun figlio si interrogò su chi, tra loro, meritasse l’amore del proprio Padre più degli altri: e così, dalle domande alla gelosia e dalla gelosia al litigio, il passo fu breve. Il Principio del Male, il Devrok, si liberò e portò scompiglio e caos nella Creazione. Così i Cinque, ciascuno parte dell’amore dell’Unico, al pari di fratelli di buon cuore ma orgogliosi, scelsero di non avere più nulla a che fare gli uni con gli altri sebbene, vergognandosi delle proprie malefatte e del proprio egoismo, decisero comunque di ostacolare il Devrok con ogni mezzo: così scelsero dei mortali a cui concedere i propri Doni, che rappresentavano una frazione del proprio potere, diverso per la loro area di influenza: Chandra, il Signore dei Sensi; Karris, la Signora della Forza; Tarskel, Signore degli Elementi ; Miure, la Signora della Mente; e infine Talud, il Signore della Natura. Coloro che avrebbero ricevuto questo Dono sarebbero stati nominati I Chiamati, persone che sarebbero potute essere tanto di sesso maschile quanto femminile. La protagonista, una quattordicenne appena sbocciata di nome Leda, scoprirà di essere proprio una di essi quando il villaggio in cui è nata subirà le angherie di un gruppo di briganti che ha scelto di stanziarsi nei suoi pressi, vessando la popolazione ed esigendo tributi. Ovviamente, ben presto ella sarà posta in relazione con molti altri personaggi, e nello specifico con altri Chiamati tra i quali spiccano Saphire, una paziente e capace devota di Tarskel, e Rush, una decisa quanto ruvida prescelta di Karris.
Non mancheranno gli ostacoli da affrontare, né l’antagonista (o, meglio, gli antagonisti) da combattere, sullo sfondo di vicende di basso profilo: e, posso dirlo a gran voce, finalmente, “era ora”! Vedere protagonisti o eroi che partono dal nulla e subito vengono catapultati in realtà troppo grandi in cui riescono ad emergere solo perché sono protagonisti belli e fighi è cosa che ha iniziato un po’ a stancare, e anche a costo di seguire la crescita di un personaggio per sette, otto romanzi (così per fare un esempio), personalmente lo preferirei piuttosto che cimentarmi con il solito individuo comune che va avanti solo per grazia ricevuta.
I PERSONAGGI
La scoperta del Dono di Leda è tanto naturale, quanto guidata: l’apprendimento viene descritto in modo sufficientemente spontaneo da essere credibile da parte del personaggio, ma anche guidato allorché appaia giusto che vi sia una forza superiore che le spieghi come fare: la coerenza e la bravura della scrittrice, infatti, si misurano anche in questi dettagli, che permettono al lettore di comprendere, capire ed immedesimarsi nel personaggio e di scoprire assieme a lei le capacità che Chandra le ha riconosciuto (nello specifico, avere potere sui sensi, nel senso letterale del termine, ossia il tatto, il gusto, la vista e così via – questo le permetterà di essere vista (o non vista) solo da chi ella desideri, di accecare temporaneamente una creatura, di addormentare o stordire con una cacofonia di suoni trasmessi direttamente nel cervello una persona e molto, molto altro ancora). Ma è anche ingiusto parlare di “potere”: è un Dono, da usare con saggezza e del quale cogliere le sfumature man mano che l’esperienza e l’apprendimento aumentino, tanto sul campo, quanto presso la struttura preposta all’addestramento dei Chiamati, l’Ascensus, una sorta di Torre di Babele (almeno, così l’ho immaginata, oppure come alcune illustrazioni del Purgatorio descritto da Dante) organizzata su più livelli, ciascuno dei quali corrisponde ad un diverso grado di apprendimento e padronanza del proprio dono.
Il tutto, si rimarca, presentato in modo molto credibile, senza improvvisi “risvegli” in stile fumetti che siamo stati abituati a conoscere e senza che Leda venga presentata necessariamente come una persona importante o dalla quale dipendano le sorti del mondo: il cliché della protagonista chiamata a salvare tutto e tutti ha stufato e, per quanto sia palese che Leda sia un personaggio destinato a grandi cose, non c’è quella sensazione comune ad altre opere di chi è un predestinato e, per questo, per forza intoccabile. Leda è un personaggio positivo, per adesso privo di ombre: è il classico protagonista benevolo, ottimista, dotato di una spontaneità genuina giustificabile con una vita trascorsa in maniera semplice e tutto sommato spensierata, al di là dei problemi che i banditi hanno costituito nella sua vita nell’ultimo periodo antecedente al compimento del quattordicesimo anno di vita. La sua dolcezza e la sua forza saranno peraltro la chiave di lettura per capire e relazionarsi con i vari personaggi, assieme ad una certa saggezza spicciola che la contraddistingue.
I vari comprimari, tra cui spiccano Rush e Saphire, funzionano molto bene e sono tutti quanti definiti, particolareggiati e sfaccettati, con una personalità non affidata al caso e con una storia personale tutta da scoprire: per quanto mi riguarda, trovo che sia abbastanza facile affezionarsi a Rush in particolare, dato che è palese che un carattere scontroso e duro come il suo nascondano una storia e delle sfumature peculiari; lo stesso si può dire del duo Erika & Luker, che riescono ad esprimere e racchiudere perfettamente il concetto di “fascino del male”, mentre Shean l’ho apprezzato leggermente di meno. Non perché non sia ben definito o perché per lui non ci siano i margini di crescita, ma perché volontariamente è dipinto come immaturo e non particolarmente capace di far fronte alle responsabilità, pur se giustificabile per ciò che ha patito; ma, per quanto talvolta si abbia il desiderio di volerlo prendere a sprangate sulle rotule, si tratta solo di sensazioni personali e di un mio gusto soggettivo.
GIUDIZIO FINALE
I Cinque Doni – La Chiamata giunge come una boccata d’ossigeno per chi si aggiri sulla Luna, come un sorso d’acqua per chi si muove nel deserto: è un romanzo, il primo di una serie, che rivela un lavoro valido a monte, che passa attraverso uno studio dell’ambientazione e della storia del mondo (la Creazione e le vicende più recenti) abbastanza precisi e rivela un’ottima capacità di mescolare le vicende ed i punti di vista dei vari personaggi, fino a farle confluire in una unica storia, un’unica descrizione, salvaguardando fino all’ultimo la suspance e l’attrattiva verso le vicende. Il lettore viene stimolato con varie trovate e c’è persino spazio per un’ulteriore vicenda alla fine della storia principale che non può non ricordare Dragonlance. Le illustrazioni sono davvero molto curate (alcune le avete potute ammirare in questa pagina, e come ho detto prima sono realizzate da Jonathan Neimeister) e perciò si ha la sensazione di trovarsi di fronte ad un’opera completa e matura per la pubblicazione. È un libro che mi è piaciuto molto, che ha tanto da raccontare e che riesce ad omaggiare una tradizione di determinati autori a me particolarmente cara (Tolkien, Lewis, Weis & Hickman ed altri) senza scopiazzarli o scimmiottarli male come fanno alcuni; in più è un libro che conquista doppiamente, perché scrittori italiani che riescano a tirar fuori un’opera di questa qualità al loro primo tentativo si possono davvero contare sulle dita di una mano.
Ancora una volta, preciso che non è mia intenzione dire che la nostra Laura sia la nuova Tolkien o la nuova Zimmer Bradley: simili recensioni tarocche non sono nel mio stile né in quello di Isola Illyon, perché affermazioni come le precedenti servono solo a tirar su qualche ingenuo che non riesce a riconoscere una recensione addomesticata – o, peggio, pagata – quando ne legge una. Troppe volte io stesso, quale lettore come tutti voi, mi sono imbattuto in recensioni entusiastiche di libri che, al netto, erano poco meno che scadenti, ma proprio per questo riterrei ingiusto non dire la verità e tessere le lodi di un romanzo quando finalmente c’è da spendere parole positive per un’opera che le merita appieno.
Insomma, le premesse perché la scrittrice faccia strada sono numerose, perché posso garantire personalmente che di libri fantasy di questa qualità ce ne sono pochi in giro e che nel panorama dei giovani autori Laura Safino può e deve emergere. Complimenti, promossa!
– Leo d’Amato –