La nostra isola è sempre pronta a dar voce ai mille volti del fantasy. Ho intervistato, perciò, uno dei maggiori esperti e appassionati in materia, il professor Paolo Gulisano, che mi ha parlato di letteratura e fantasy…
Paolo Gulisano è uno scrittore (in verità è anche medico) appassionato di medioevo, fantasy e di Tolkien. Sulla cresta dell’onda nella letteratura saggistica di genere sin dalla fine degli anni ’90, esce oggi in libreria con “La Mappa de Lo Hobbit”. No, davvero, non potevamo non strappargli un’intervista per i nostri lettori.
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Prof. Gulisano, quando e come nasce la sua passione per il fantasy?
Nasce da molto giovane: nell’infanzia infatti il mio autore preferito era Jules Verne, i cui libri mi fecero sognare viaggi fantastici e scenari immaginari. Poi nell’adolescenza mi innamorai del Medioevo, delle saghe cavalleresche, del mistero del Graal. Arrivato alla fine del liceo aggiunsi a queste passioni quella per la cultura celtica, per le leggende della Scozia e dell’Irlanda, e andavo esplorando le librerie e le biblioteche alla ricerca di rare edizioni delle antiche ballate di quelle terre. Poi mi accorsi che, accanto a queste opere classiche, ne esistevano anche di autori contemporanei che avevano dato vita a nuove creazioni, a nuovi miti. Scoprii così Mary Stewart, Michael Ende, e – soprattutto – John Ronald Tolkien, così mi gettai a capofitto nella lettura delle loro opere. In breve il fantasy divenne il mio genere letterario prediletto, spaziando dall’epica antica, come il Beowulf, fino alle opere “utopiche” come quelle di Tommaso Moro o Swift, fino alle sue versioni fiabesche (Peter Pan anzitutto), per arrivare infine al Fantasy post-Tolkien, contemporaneo, con autori come George Martin o la Rowling. Un mondo che esploro insomma da molti anni, in cui mi sono inoltrato per non uscirne più!
Ha scritto e pubblicato molti libri che intrecciano il fantasy a rivisitazioni medievali e storiche, cosa ne pensa di un fantasy italiano che spazia tra amori, vampiri e città magiche?
Tra i primi Fantasy che lessi non mancavano autori italiani: Laura Mancinelli e Giuseppe Pederiali erano tra questi, con i loro romanzi, in particolare “Il tesoro del Bigatto” o “I dodici abati di Challant”, che tuttavia si presentavano al lettore più come racconti storici che non fantastici, e questo perché la cultura ufficiale italiana ha sempre avuto una profonda idiosincrasia per il Fantasy: basti pensare al lungo ritardo con cui vennero pubblicate in Italia le opere di Tolkien o di Lewis (ci vollero più di 25 anni prima che Le Cronache di Narnia, best-seller mondiale, potessero essere pubblicate al di qua delle Alpi). Probabilmente molti autori italiani, anche di valore, sono stati scoraggiati da questo radicato pregiudizio che vede la letteratura dell’immaginario come “di serie B”, quasi screditante per chi la scrive. Negli ultimi anni si sono aperti nuovi spazi editoriali per nuovi autori, e sono emersi talenti notevoli come quello di Silvana De Mari, tanto per fare un nome. Sicuramente anche nel Bel Paese può fiorire, anzi, lo deve, una tradizione letteraria fantasy di qualità.
Possono svilupparsi prodotti letterari epic/medieval come “Il Signore degli Anelli” nel nostro paese?
Certamente: frequentando il mondo degli appassionati del Fantasy nel corso degli anni ho avuto modo di incontrare giovani autori di talento, credo che ci siano in circolazione talenti interessanti e ottime idee; la letteratura Fantasy ha bisogno inoltre di innovarsi, altrimenti il rischio è quello di sfornare “cloni” di opere note che lascerebbero nel lettore, inevitabilmente, una sensazione – annoiata – di “già letto”.
La sua ultima fatica è “La Mappa de Lo Hobbit”, di cosa si tratta?
Da tanti anni mi occupo di Tolkien: lo leggo e lo rileggo, ne scrivo, ne parlo, ma soprattutto mi accorgo che la sua opera è una miniera inesauribile. Tolkien è un maestro che non smette di insegnare, e il suo mondo continua ad essere per me un punto di riferimento, una Casa Accogliente presso cui rifugiarsi nelle traversie della vita. C’è ancora molto da dire, da scoprire, da sottolineare nelle sue pagine. Così ho pensato che sarebbe stato bello consegnare ai lettori, quelli che da anni frequentano i mondi creati dal nostro amato Professore come da quelli che lo scoprono solo oggi, questa sorta di “diario di viaggio” nel mondo de Lo Hobbit. Una guida, una mappa, appunto. Era un vecchio progetto che nutrivo fin da quando, anni fa, feci un lavoro analogo per i mondi del Signore degli Anelli e del Silmarillion. Sognavo dunque di completare questa mia trilogia, e quando ho avuto l’occasione di incontrare Elena Vanin, un’artista straordinaria, ben nota nel mondo fantasy per essere l’autrice delle orecchie da elfo in lattice (“Neraluna”) che ogni appassionato vorrebbe indossare, e di vedere il sacro fuoco dell’Arte brillare nei suoi occhi, ho capito che la cosa era fattibile. E così eccoci qua con questa nuova fatica,”La Mappa de Lo Hobbit” (Editrice Ancora), ovvero libro più “piantina”, che ci auguriamo possa essere gradita a tutti i lettori del mondo tolkieniano e per chi ne voglia sapere di più.
L’uscita di questo titolo, così vicina a quella del film “Lo Hobbit”, vuole sfruttare la scia della pellicola di Jackson e di tutta la pubblicità che c’è intorno?
In primo luogo era stato pensato per celebrare il 75° anniversario dell’uscita de Lo Hobbit, che era avvenuta il 21 settembre 1937, ed in effetti il libro è uscito proprio il 21 settembre. Per quanto riguarda il film, più che “sfruttarne la scia” vorrebbe accompagnarlo, per far sì che chi si avvicinerà ex novo al fantastico mondo di Tolkien possa meglio goderne attraverso la comprensione dei simboli, dei temi letterari, della conoscenza di personaggi e luoghi.
Cosa consiglia ad uno scrittore che vuole occuparsi di fantasy oggi (disponibilità del mercato, temi da evitare e da trattare, elementi su cui battere)?
Posso consigliare di non porre limiti alla propria fantasia e creatività, di produrre ciò che è nelle proprie corde, nei propri sentimenti e nella propria arte; solo in un secondo tempo questo “spontaneismo creativo dovrà, a mio parere, fare i conti con le esigenze del mercato editoriale e tutti i problemi connessi alla pubblicabilità delle opere. Per quanto riguarda i temi, già detto sull’opportunità di evitare clonazioni di opere già note, ciò che importa è che anche la rivisitazione di argomenti o figure tematiche “classiche” del genere fantasy venga fatta con originalità e talento. Direi quasi che non importa di ciò che si racconta, ma di come. Il futuro del fantasy è nella qualità.
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Che queste parole siano destinate a tutti coloro che vogliono cimentarsi nel riempire un foglio bianco di emozioni e storie fantasy, a tutti quelli che amano leggere questi racconti, e a chi si sa emozionare, immaginando un drago volare nel cielo, o una spada proteggere un’ideale. Grazie prof.
Kal, Viandante dell’Ovest
–Luca Scelza–